Più della metà dei voucher nel 2015 alle donne «Loro lavoro spesso si traduce in sfruttamento»

Nella giornata delle donne i dati diffusi dalla Cgil parlano di un lavoro femminile che si traduce spesso in sfruttamento. «Il tasso di disoccupazione femminile – ha osservato Michele Pagliaro, segretario regionale della Cgil Sicilia – è quasi il doppio di quello nazionale, il 23,2 per cento a fronte del 12 per cento e il tasso di occupazione più della metà di quello nazionale. A mancare non è solo il lavoro, ma anche quegli interventi sul welfare utili a sostenere le donne che lavorano, gravate in maniera pressoché esclusiva dei compiti di cura».

Al dibattito organizzato dalla Fisac Cgil Pagliaro ha poi aggiunto che «la questione femminile in Sicilia rappresenta la punta dell’iceberg di una situazione di disagio diffuso, che affonda le radici nella disoccupazione nelle carenze del welfare, nella sostanziale mancanza di interventi della politica di cui a far le spese sono soprattutto le donne. Non è retorica dire  – ha continuato il segretario regionale del maggior sindacato – che senza l’affermazione dei diritti delle donne non può esserci crescita civile e democratica. Le uniche sponde che invece le donne hanno trovato sono il lavoro precario, sottopagato, che oggi c’è e domani no e questo non è ammissibile». 

Lo sfruttamento delle donne dimostra poi di sapersi adeguare ai tempi. Tra i lavoratori ex occupati che nel 2015 sono stati retribuiti tramite voucher il 57% è donna. Una percentuale che sale al 60% se si guarda ai soggetti mai occupati utilizzati in lavori accessori. Secondo la segretaria regionale Monica Genovese il fatto rileva «una questione femminile dentro all’utilizzo sfrenato dei voucher che rende il lavoro delle donne ancora più debole, precario e insicuro di quanto lo sia stato finora. Con i voucher siamo di fronte a un processo di gratuitizzazione del lavoro e di svalorizzazione. Il voucher finisce per regolarizzare solo la transazione economica legittimando la mancanza di un contratto e il diritto del datore di lavoro di disporre del tempo che ha comprato senza a sua volta garantire altri diritti». 

Redazione

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