Piste ciclabili, la mappa dei rischi e le proposte di Fiab «Tratto fantasma in via Maqueda, periferie dimenticate»

Basterebbe un’ora in bici su una o due piste ciclabili per rendersi conto di quali sono i problemi di chi sceglie questo mezzo di trasporto. Lo sostiene convinta Chiara Minì, presidentessa Fiab, Coordinamento Palermo ciclabile, un’associazione che dal 2004 si spende per sviluppare la mobilità ciclistica in ambito urbano. La bicicletta non è un mezzo utile solo a passeggiare, ma appunto un mezzo di trasporto: «La gente la usa per andare a lavorare, per portare i figli a scuola – afferma -. Per cui io devo poter mantenere la velocità adeguata a svolgere determinate funzioni e in sicurezza in una strada dedicata». 

Per l’associazione è necessaria la sorveglianza delle piste ciclabili, per fare in modo che gli scivoli restino liberi e che le auto e i motorini non ci parcheggino sopra. Altre criticità riguardano la presenza di cestini sul percorso ciclabile. A volte, riferiscono, gli scivoli sono posti a circa un metro dalle strisce pedonali o dove c’è un tombino: «La ruota si incastra e il ciclista vola faccia a terra». Nonostante Palermo non sia ancora una città a misura di ciclista, l’associazione intende mantenere un atteggiamento propositivo, volto a trovare delle soluzioni anche se il quadro complessivo presenta numerose criticità e difetti: «Cerchiamo di mantenere un atteggiamento molto positivo – spiega Minì -. Nel senso che apprezziamo il  fatto che le piste ciclabili ci siano e che ci sia una –  pur vaga – idea che i ciclisti esistano. Purtroppo sono state realizzate negli anni tante piste diverse, da tanti uffici differenti. E tutte le piste di Palermo presentano dei problemi». La presidente Fiab spiega che la maggior parte «sono in deroga, ovvero non a norma». La normativa prevede infatti che sussista una certa dimensione delle piste ciclabili ma c’è la possibilità di realizzare in deroga percorsi più stretti. 

«Quasi nessuna ha al momento la larghezza corretta. A meno che non si parli della pista di via Messina Marine che per quanto ci riguarda è la migliore della città, perché tecnicamente è fatta bene, ha le dimensioni corrette, soltanto che non è minimamente vigilata». Sul percorso, lamentano i ciclisti, ci sono auto che parcheggiano dappertutto. In più in questa specifica pista «hanno messo cartelloni pubblicitari non ai margini bensì a ponte rispetto alla pista ciclabile, che così sembra più una pista da sci. Per non parlare dei cestini e degli alberi». Un’altra questione riguarda l’utilizzo dei mattoncini e non del semplice asfalto, che sarebbe anche una soluzione migliore ma «qui non è mai stata considerata». 

In generale secondo chi la bici la usa ogni giorno rispetto a dodici anni fa la differenza si nota, ma la maggior parte dei percorsi non funzionano dal punto di vista tecnico. Un esempio portato da Minì è quello relativo alla realizzazione della rete di piste ciclabili di colore rosa, di qualche anno fa.  Si tratta di due tipologie di piste ciclabili differenti, una perpendicolare all’altra. Una di queste è quella dal porto arriva fino alla Favorita, dove si cammina trotterellando continuamente, realizzata con dei mattoni piccoli,  mentre l’altra si trova in via Autonomia Siciliana e in via Ammiraglio Rizzo. Sono state realizzate da due uffici comunali differenti e presentano elementi di criticità. «Noi avevamo chiamato addirittura tecnici esterni alla Fiab per dire al Comune: ‘guardate che sono questi gli errori cercate di risolverli’. Ovviamente queste indicazioni non sono state seguite». 

Adesso si è aperto un canale con l’assessore alla Mobilità Giusto Catania e si sta cercando di migliorare l’esistente. Al momento i riflettori sono puntati sulla pista ciclabile di via Dante, realizzata recentemente: «È stretta. Non ci sono dissuasori né blocchetti laterali per far si che lo sportello delle auto, quando viene aperto, non rischi di colpire i ciclisti». In questo caso l’associazione sostiene che basterebbe allargare la pista su dieci centimetri di carreggiata e applicare un dissuasore. «Non ci sono grandi problemi». 

Per il percorso riservato alle bici di via Libertà invece la posizione della Fiab Palermo è diversa: «Siamo fortemente contrari, dicono che sia una soluzione temporanea e fin lì lo possiamo accettare, però anche così non funziona. Una pista ciclabile su un marciapiede in una zona come quella non è funzionale. Nel momento in cui c’è una pista ciclabile su una strada che sia brutta o bella la devo prendere. Se scelgo di non farlo e mi succede qualcosa è colpa mia. Se c’è una pista che non è utilizzabile come quella di via Libertà il sabato pomeriggio, perché piena di gente, devo scegliere se rischiare o mettermi a litigare con i pedoni o a scampanellare. Se ho un incidente poi è colpa mia. Molti ciclisti infatti non prendono più via Libertà, ma le parallele». 

Stessa storia in via Maqueda. «È impossibile camminare in bicicletta in quella via, c’è una pista ciclabile fantasma, che c’è e non c’è. È presente una segnaletica verticale e il percorso è a  senso unico, verso i Quattro Canti. L’ordinanza dice che la pista ciclabile è attiva nel momento in cui la strada è carrabile. Quando la strada è pedonale non è possibile utilizzarla. Siccome i cittadini non lo sanno, perché non c’è un cartello che lo dice, ciclisti e cittadini continuano a contendersi, a torto o a ragione, quel tratto di strada».  Ai margini del percorso di via Lincoln invece si vendono i mobili «e quindi da lì si cammina tra un comodino e un tavolino. È un po’ pericoloso. Anche la pista ciclabile di via dell’Olimpo è stata abbandonata. Neanche se lo ricordano che esiste».  

La Fiab Palermo adesso auspica una sempre maggiore collaborazione con l’Amministrazione comunale: «Sembrano disponibili a migliorare i percorsi ciclabili. Alla fine noi per primi riteniamo che non sia indispensabile realizzare nuove infrastrutture. Possiamo camminare benissimo sull’asfalto basta che non si verifichino incidenti con gli automobilisti. Si potrebbe spendere anche meno di quello che è stato investito finora e realizzare migliorie».

Stefania Brusca

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