«Attenzione, qui rubano le bici». Un avviso, stampato a caratteri cubitali e attaccato con il nastro adesivo a una rastrelliera, è comparso da qualche giorno in piazza Umberto. Tra i commercianti della zona la vicenda non è nota anche se, appresa la notizia, la cassiera di un bar della zona spiega: «Adesso che lo so consiglierò ai ragazzi che entrano di stare più attenti a dove lasciano le proprie biciclette». «Ne vengono rubate troppe in tutto il centro storico, nonostante vengano legate, a volte purtroppo in maniera superficiale», racconta il cicloattivista del gruppo Ruote libere Alessio Marchetti. Che fa un quadro della situazione, descrivendo quali zone della città sono fornite dagli appositi stalli per le due ruote, quali siano le aree più colpite dai furti e quali le alternative. Raccontando l’episodio di un giovane che «ha lasciato pochi minuti la bici in piazza Stesicoro e non l’ha più ritrovata». E sarebbe solo uno dei tanti esempi possibili.
«In tutto il centro cittadino ci sono le rastrelliere modello Verona, un tipo di struttura che prevede di legare il mezzo dal telaio o dalla ruota», spiega Marchetti. Una tipologia di stallo che viene prodotto a Colognola ai Colli esclusivamente dalla ditta TL di Tommaso Lentini. La cui gamma di prodotti è una delle più usate e, oltre a Catania, è stata installata negli anni anche in città notoriamente attive nella mobilità sostenibile come Parma, Verona, Padova, Milano e Trieste.
«Sono state scelte dalla precedente amministrazione (quella guidata da Raffaele Stancanelli, ndr) dietro forti pressioni degli attivisti ed effettivamente negli anni si sono dimostrate molto solide e robuste», precisa Marchetti. Non tanto però da scoraggiare i ladri. E il problema, in questo caso, sarebbe che «le persone utilizzano catene non adeguate». «Anch’io, ad esempio, ho dovuto subire tre furti prima di capire che dovevo comprare una catena più grossa e adesso vado in giro con una che pesa quasi tre chili», aggiunge.
Ciò non toglie però che esisterebbero altri modi per avere le bici più al sicuro. «Nel Nord Europa molte città si sono dotate di veri e propri box dove inserire il proprio mezzo, non solo per evitare i ladri ma anche per non farle arrugginire sotto la pioggia», aggiunge il cicloattivista. La forte incidenza di furti nel centro storico catanese, da piazza Teatro Massimo al corso Italia, «si spiega con il fatto che la maggior parte delle persone che usa la bici sta in centro, frequenta quella zona e lì parcheggia». E su chi possa avere tappezzato piazza Umberto di manifesti Marchetti non ha idea. Ma se ne compiace perché «almeno così gli altri ciclisti hanno un avvertimento e cercano di sistemare meglio la bicicletta. Considerato che chi usa la bici in città è come se fosse una grande comunità, il gesto non mi stupisce», sottolinea. In altre città nelle province di Vercelli e Alessandria, per cercare di disarticolare il fenomeno dei furti molti cittadini hanno aderito al programma Mappalatuacittà.
A idearlo – come riporta il sito BikeItalia – è stato un vigile urbano di Alessandria, Mauro Di Gregorio. L’idea dell’agente – che ha scritto una tesi di laurea sull’argomento – è presto diventata realtà e il portale permette di denunciare immediatamente online il furto della propria bicicletta, evidenziando il punto esatto della sottrazione. Dati geolocalizzati che vengono immediatamente inoltrati alle forze dell’ordine e che restano segnati in una mappa fruibile agli utenti registrati. Una sorta di osservatorio permanente che «non mi risulta attivo a Catania», dice Marchetti. Che conclude: «Il metodo migliore per la nostra città, considerato anche il mercato abusivo di mezzi, sarebbe dotare la bici del sistema Gps, ottimo anche quello che si trova a 30 o 40 euro. Grazie a questo metodo la polizia è riuscita a ritrovare la bici e il deposito dove era tenuta la due ruote di un mio amico».
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