Paolo Giglio è un agronomo di Catania che ha girato il mondo per studiare le piante. Dall’Australia al Sudafrica, passando per la Cina e il Medioriente, ha osservato e analizzato la flora con riferimento a paesaggio, agricoltura e tutela. E adesso interviene sui fatti di cronaca e di verde relativi a piazza Cutelli. «Dopo il cedimento della palma malata che ha ucciso Patrizia Scalora, la piazza ha deciso che le altre dodici poste lungo il perimetro andassero abbattute, senza bisogno di un controllo», racconta Giglio. L’agronomo sostiene, infatti, che le altre palme non siano state analizzate con cura prima di decretarne la pericolosità e che ad avere avuto l’ultima parola sulle loro sorti sia stata la paura della cittadinanza di nuove cadute. «Probabilmente per un fuggi fuggi di responsabilità da parte di chi se ne doveva occupare», ipotizza Giglio.
L’agronomo etneo insiste sull’importanza di controlli fitosanitari preventivi, che andavano fatti prima e che andranno effettuati soprattutto in futuro su tutto il patrimonio. «Il verde è bello ma ci vuole competenza per occuparsene sia nel privato che nel pubblico – continua – Bisogna conoscere la biologia di eventuali insetti pericolosi per intervenire». E aggiunge, sempre sul caso della palma killer: «Il punteruolo rosso che l’ha attaccata poteva anche essere monitorato, se notato in tempo. In alcuni casi è possibile salvare la pianta dalla morte».
Qualche settimana fa al posto delle palme di piazza Cutelli – abbattute poco dopo l’episodio della caduta di una di esse, causa del decesso di Patrizia Scalora – sono stati piantati dodici esemplari di quercus ilex, noto ai più come leccio. Le piante, donate al Comune di Catania da Farmitalia, circondano il perimetro dello spazio cittadino e ciascuna di esse è sostenuta da un tutore obliquo secondo un procedimento anglosassone. Ma anche su questo punto Giglio esprime scetticismo. «I sostegni utilizzati sono in legno e purtroppo durante la stagione invernale questo materiale è molto ricercato per lo più da clochard per la combustione e – spiega – temo che duri poco nella sua funzione attuale». La perplessità dell’agronomo investe anche la tecnica utilizzata per lo strumento. «Sarebbe stato meglio optare per sostegni in cemento armato o plastica, di costo più o meno simile, ma meno esposti al vandalismo».
Ad avvalorare la tesi della possibile vandalizzazione, inoltre, Giglio porta un esempio e afferma: «Circa un anno fa presso la villa Pacini sono stati messi a dimora degli arbusti con dei sostegni di legno. Questi vennero rubati poco dopo e le piante ne rimasero prive». L’eventuale mancanza del tutore avrebbe però, secondo l’agronomo, conseguenze estremamente negative per la crescita del leccio, pianta sempreverde della macchia mediterranea già di per sé molto delicata e lenta. «Già per vedere un po’ di ombra di leccio bisognerà aspettare una generazione – afferma -, se venisse a mancare questo supporto morirebbe poco dopo».
Anche in questo caso l’agronomo sostiene l’importanza della cura e della manutenzione, salvo ammettere che sicuramente sarebbe stato opportuno scegliere un pianta più robusta come la jacaranda di via sant’Euplio. Ma conclude: «Ormai il quercus ilex ce lo teniamo, anche perché è un regalo, però mi auguro che si effettui un serio monitoraggio».
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