Raffineria di Milazzo uno, Regione Siciliana zero. Ma il risultato, leggendo la sentenza del Tar che ha di fatto annullato l’efficacia delle prescrizioni imposte dal piano regionale della qualità dell’aria, potrebbe definirsi ben più netto. Nelle 25 pagine firmate dal presidente della prima sezione del tribunale amministrativo regionale Calogero Ferlisi, vengono messe in evidenza le profonde lacune che, nel 2018, hanno portato la giunta guidata da Nello Musumeci a votare lo strumento che punta a regolamentare le emissioni nell’atmosfera da parte soprattutto dei grandi poli industriali presenti in Sicilia.
Pochi mesi dopo il decreto, la Ram presentò ricorso al Tar sostenendo che il piano poggiasse su basi tutt’altro che solide. E a distanza di due anni la società si è vista data ragione dalla giustizia su quasi tutta la linea. Sono diversi, infatti, i «profili di illegittimità» ravvisati dal collegio. A partire dai dati su cui la commissione tecnico-specialistica dell’assessorato al Territorio ha lavorato per definire i risultati da raggiungere entro il 2027, con un traguardo intermedio fissato al 2022. «Risulta conclamato il fatto che i dati effettivamente utilizzati da quest’ultima nel piano sono quelli elaborati mediante la modellistica Chimere sui dati del 2012 – scrive il collegio – e quindi ricavati da una elaborazione modellistica che restituisce dei valori non rappresentativi e peggiorativi rispetto a quelli reali derivanti dai monitoraggi effettuati negli ultimi anni».
All’origine dell’uso di dati ormai vecchi c’è l’inadeguatezza delle stazioni di rilevamento in possesso della Regione. Sia per numero che per posizionamento. Un’inadeguatezza che, sottolinea il Tar, «sarebbe pacificamente ammessa dalla Regione Siciliana, come si evince anche dall’allegato 8 al Piano dove risulta affermato che le stazioni di misurazione non sono conformi alle previsioni di legge». Tra le criticità denunciate da Raffineria di Milazzo e accolte dal tribunale c’è anche l’inopportunità di costringere la società a un riesame dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia) a distanza di appena un anno dall’ultimo rinnovo: la tesi del privato, in tal senso, è che le modifiche nella direzione di un adeguamento alle migliori tecnologie per tutelare l’ambiente sono state già accolte e pianificate. Un ulteriore rilievo riguarda il fatto che il piano si è concentrato sulle emissioni dei poli industriali ma «non sembra considerare l’insieme delle principali fonti emissive (tra cui in particolare quelle derivanti dai mezzi di trasporto) imponendo – illogicamente – le misure soltanto alle imprese».
Alla bocciatura, il Tar aggiunge anche una tirata d’orecchie nei confronti della Regione. «Considerata la rilevanza degli interessi pubblici sottesi alla zonizzazione e al piano di qualità dell’aria il collegio ritiene opportuno sottolineare – si legge nella sentenza – come sia preciso dovere della Regione Siciliana procedere con solerzia ad adeguare la rete di rilevamento regionale e di prevedere per il futuro anche tutte le misure che risulteranno eventualmente necessarie per raggiungere i valori limite sulla scorta di dati di rilevamento – conclude il Tar – finalmente attendibili e periodicamente aggiornati secondo le previsioni normative».
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