Pet therapy all’Ucciardone, formati dieci detenuti «Grazie al contatto coi cani sono tornati a sorridere»

In 150 ore non si può restituire la libertà a chi è in carcere ma si può far tornare la voglia di sorridere. Dieci detenuti dell’Ucciardone hanno concluso il percorso per diventare assistente operatore per la Pet therapy, un’iniziativa portata avanti dal Centro di accoglienza Padre Nostro. Kira e Sara sono i due cani Labrador che hanno accompagnato la formazione in incontri settimanali. Oggi alle ore 15 le persone che hanno preso parte alla formazione riceveranno gli attestati di competenza. 

Un progetto guidato anche da Nadia Adragna, volontaria e operatrice specializzata in Pet therap. «È stata un’esperienza meravigliosa – racconta – finalmente il ministero della Salute ha riconosciuto questo tipo di terapia come valida ed emanato delle linee guida che prevedono ad esempio l’applicazione del metodo gentile che si contrappone al metodo coercitivo: ovvero se prima si ordinava al cane di stare seduto accompagnando il comando, ad esempio, con una pacca sul sedere adesso non si fa più ma si premia l’animale con un bocconcino che mangerà soltanto in quel contesto». Una figura, quella dell’assistente specializzato, molto utile quando ad esempio «ci si trova in contesti come le scuole, alle prese con gruppi di bambini».  

Quando la dottoressa è arrivata per la prima volta in carcere ha potuto costatare le difficoltà, anche emotive, dei detenuti: «Ho visto delle persone che non mi guardavano nemmeno in faccia, perché probabilmente temevano di essere giudicate – ripercorre – poi attraverso la presenza del cane, che ha fatto da catalizzatore, anche io sono riuscita a mettermi in contatto con i loro bisogni al di là di quelli a cui prestano maggiore attenzione, che scandiscono la loro giornata, come l’ora d’aria o leggere un libro. Attraverso la Pet therapy se non si può dare loro la libertà sicuramente si può trasmettere affettività e dargli la possibilità di mettersi in contatto con i propri sentimenti e poterli così esprimere». 

La dottoressa spiega che per queste persone è utile vedere un cane per combattere la depressione che spesso si portano dietro: «Vedere il loro sorriso per me è stata la soddisfazione più grande». La Pet therapy ultimamente è stata riconosciuta come valida scientificamente, ricorda la dottoressa, anche perché attraverso questa si aumenta la presenza di ormoni come l’ossitocina o di sostanze come le endorfine, ritenute responsabili del benessere, e si è visto che i livelli aumentano quando il paziente entra in contatto con l’animale. Inoltre l’attestato che queste persone riceveranno potrà essere fonte di occupazione per loro: «La Sicilia è all’avanguardia. C’è sempre più interesse a livello europeo e adesso anche l’Italia vuole tenersi al passo», conclude Adragna. 

«Sicuramente è una cosa che noi tenevamo a fare – afferma Maurizio Artale, presidente del Centro di Accoglienza Padre Nostro – perché lavorando all’interno del carcere abbiamo visto che nelle persone private della libertà si accentuano disturbi o vengono fuori patologie che prima non avevano. Abbiamo visto che in qualche modo riescono a gestire meglio la propria salute, decentrando l’attenzione sull’animale». Artale spiega che si è partiti inizialmente con l’idea di formare dei collaboratori per la Pet Therapy ma che per il prossimo anno l’intenzione è quella di sviluppare «la parte medica, per affrontare eventuali patologie sempre in stretto contatto con il personale dell’ospedale interno al carcere». In definitiva il bilancio è quello di «un’esperienza positiva che ci ha spinto, in collaborazione con la direttrice del carcere Rita Barbera, a lavorare su una proposta di legge per introdurre i cani all’interno del carcere. Oggi è vietato – conclude Artale – mentre con la nostra proposta gli animali sarebbero custoditi in spazi dedicati e durante l’ora d’aria il detenuto potrebbe prendersi cura di loro, un modo per vivere meglio la propria condizione».   

Domani il Centro di Accoglienza Padre Nostro donerà alla polizia penitenziaria una targa raffigurante il volto del Beato Giuseppe Puglisi, «affinché il suo sguardo possa sostenere gli agenti nello svolgimento del loro impegno quotidiano». La targa è stata realizzata in occasione del bicentenario del corpo della Polizia Penitenziaria, celebrato lo scorso 20 settembre.

Stefania Brusca

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