«Tutto a posto, abbiamo preso il largo, tornerò presto». È l’ultima telefonata che Hamdi Besbes ha fatto alla famiglia. Poi il nulla. Scomparso. Di lui si sono perse le tracce nel luglio del 2020. Quella che doveva essere una normale battuta di pesca, all’improvviso si è trasformata in un incubo per la famiglia del giovane di 27 anni, originario di Monastir, imbarcato come motorista sul peschereccio Hadj Mhamed, della società Kuriat Sea Service.
Il motopesca è stato fermato il 26 luglio scorso al largo di Lampedusa dalle motovedette della guardia di finanza. All’epoca i militari delle Fiamme Gialle scoprirono un vero e proprio traffico di migranti. Cinque persone nascoste, di cui tre minorenni. Interrogati all’interno dell’hotspot dell’Isola, tutti confermarono di aver pagato quattromila dinari per raggiungere l’Italia a un tale Mansour, implicato in un traffico di migranti in Tunisia. All’epoca dei fatti, i ventitré membri dell’equipaggio vennero arrestati per favoreggiamento dell’immmigrazione clandestina. Da mesi hanno però fatto ritorno in Tunisia dopo essere stati raggiunti dal decreto di rimpatrio.
Da quel momento la vicenda ha assunto tutti i contorni del giallo. All’appello mancava infatti uno dei membri dell’equipaggio, Hamdi Besbes. Il giovane non ha mai messo piede a Lampedusa. Anche scorrendo le immagini girate da Local Team il giorno del sequestro del motopesca, del 27enne non c’è traccia. Interrogati i compagni di viaggio di Hamdi hanno sempre fornito versioni contrastanti. C’è chi ha contattato la famiglia, dicendo che si trovava in ospedale, chi invece ha affermato che il giovane si sarebbe buttato in mare nel tentativo di raggiungere a nuoto Lampedusa. Tutte versioni a cui non crede la famiglia che chiede a gran voce di conoscere la verità. Cosa è successo nel corso della traversata? Hamdi si è forse opposto al trasporto degli immigrati clandestini? Domande a cui sta cercando di dare una risposta l’avvocato Antonino Catania, che assiste i familiari del giovane, e ben due procure, quella di Agrigento che ha aperto un fascicolo e quella di Monastir.
A tal proposito il legale ha già presentato richiesta di rogatoria internazionale. «Serve collaborazione tra i magistrati tunisini e quelli italiani. Si è perso fin troppo tempo. Ma questi genitori meritano la verità». «Dov’è Hamdi? – dicono i genitori del 27enne Daoudi Awatef e Mohsen Besbes – normalmente il comandante avrebbe dovuto dichiarare subito la scomparsa di un membro dell’equipaggio. E invece niente. Le indagini sono state aperte due mesi dopo, grazie a noi che non ci siamo mai fermati. I rappresentanti delle autorità locali del governo tunisino, l’ambasciatore, il console e il deputato del distretto di Palermo sono intervenuti per riportare a casa i membri dell’equipaggio del peschereccio, ma nessuno si è interessato di Hamdi, nonostante tutti siano a conoscenza del caso».
«La barca è stata recuperata e tutti sono tornati in Tunisia – proseguono Daoudi Awatef e Mohsen Besbes – tranne Hamdi e gli altri immigrati irregolari. Siamo stati rassicurati da funzionari statali tunisini che ci hanno detto che Hamdi era ricoverato in ospedale e in buone condizioni. Ma dopo due mesi, tutto l’equipaggio è tornato in Tunisia tranne Hamdi». Il padre del giovane dopo ben due mesi dalla scomparsa del figlio è stato in Italia per formalizzare la denuncia. Interrogato dal giudice però l’amara scoperta: nessuno aveva mai fatto il nome del 27enne. «Adesso basta – concludono i genitori del giovane – vogliamo sapere la verità. Nostro figlio aveva tanti progetti, voleva anche aprire un locale a Monastir, stava raccogliendo i soldi per questo. Era un lavoratore, non aveva alcun motivo per gettarsi in mare o per cercare di raggiungere in maniera irregolare l’Italia. Adesso vogliamo la verità».
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