Perché Messina è rimasta senz’acqua Un problema che va al di là della frana

A evitare spiacevoli interruzioni del servizio idrico, a Messina, potrebbe essere l’approvvigionamento contestuale dagli acquedotti dell’Alcantara e di Fiumefreddo. Ne sono convinti l’ingegnere Nico Galatà, colui che li ha progettati, e Giuseppe Santalco, già direttore dell’Ato idrico Me 3.

Attualmente, la città dello Stretto si serve esclusivamente dall’impianto di Fiumefreddo che garantisce una tariffa più vantaggiosa. «Il problema sono le costanti interruzioni, almeno due o tre l’anno – fa notare Santalco, attuale capogruppo di Felice per Messina in consiglio comunale – dovute al dissesto idrogeologico della zona». Tutto risale agli anni Sessanta, quando grazie ai fondi della Cassa del Mezzogiorno viene costituito il Consorzio acquedotto dell’Alcantara: «Fui io a occuparmi della progettazione, insieme all’ingegnere Orazio Di Bella», ricorda Galatà, il cui padre è stato a sua volta direttore dell’acquedotto da prima della guerra fino al 1956.

L’opera, ultimata nel 1965, viene rivendicata dall’Eas, l’Ente acquedotto siciliano. Ne nasce un contenzioso, a causa delle pretese particolarmente onerose espresse nei confronti del Comune di Messina: «Per un trentennio riuscii a gestire tutto in autonomia», prosegue Galatà, dirigente dell’acquedotto per 40 anni e direttore di Amam, che lui stesso costituì nel 1995, per altri sei. A metà degli anni Novanta l’Eas riesce a rilevare la rete, grazie a una transazione che fissa una «tariffa mediata». L’aumentare delle esigenze della popolazione, tuttavia, spinge Galatà e progettare prima un mini acquedotto e poi quello attuale di Fiumefreddo. Finanziati entrambi dall’Agenzia per il Mezzogiorno. La città si approvvigiona sia dall’Alcantara che da Fiumefreddo fino al 2001. La tariffa di 0,69 centesimi a metro cubo fissata per tutta l’isola da Sicilia Acque, la partecipata regionale che da circa 15 anni ha soppiantato l’Eas, spinge Tanino Sutera, all’epoca presidente dell’Amam, a optare esclusivamente per Fiumefreddo, capace di erogare 970 litri al secondo.

Ben altra cosa rispetto ai 570 dell’Alcantara. Portata poi ridimensionatasi, fino a 400, anche 300, dopo l’uscita di Messina. Le conseguenze si toccano con mano proprio in occasione delle emergenze idriche, come quella che sta colpendo la città in questi giorni. «Ho documentato con foto – afferma Santalco – come l’acqua proveniente dall’Alcantara, che non è distribuita nei centri ionici della provincia, viene sversata nel torrente Giampilieri, poiché inutilizzata. È un enorme spreco». L’ex dirigente dell’Ato ha più volte sollecitato l’amministrazione comunale a dialogare con la Regione, presentando anche delle interrogazioni, per riattivare quel canale, proprio al fine di fronteggiare le emergenze e azzerare i disservizi.

«Sarebbero necessari dei lavori di adeguamento dell’acquedotto e l’applicazione di un prezzo ridotto. Tuttavia, il problema è politico – dice – perché Sicilia Acque impone una tariffa unica in tutta la Sicilia sebbene qui da noi lucri sul costo del servizio per via degli enormi risparmi dovuti al fatto che l’acqua viene erogata a caduta, con consumi di energia elettrica irrisori». Sia Santalco che Galatà auspicano il doppio canale Alcantara-Fiumefreddo. Il primo, in maniera pragmatica, spinge quanto meno per l’utilizzo dell’Alcantara quale acquedotto di riserva, così da farvi ricorso proprio in circostanze come quelle attuali.

Fabio Bonasera

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