“L’AUTUNNO DEL PATRIARCA SARA’ LUNGO”, HA DETTO IERI MARTELLI. LE TROPPE FORZATURE OPERATE CONTRO IL CAVALIERE NASCONDONO LA DEBOLEZZA, CULTURALE PRIMA CHE POLITICA, DEL PARTITO DEMOCRATICO
“L’autunno del patriarca sarà lungo”, ha detto ieri in tv l’ex ministro della Repubblica, Claudio Martelli, intervistato sul futuro di Silvio Berlusconi. Il riferimento è a un celebre romanzo di Marquez sull’uomo e il demone del potere. Il giudizio di Martelli non fa una grinza. Perché il Cavaliere non ha alcuna intenzione di ritirarsi dalla politica.
A dimostrarlo non è tanto la manifestazione di oggi. O, ancora, l’addio di Forza Italia al Governo delle larghe intese di Letta. E’ il contesto sociale ed economico che rende quasi matematica la permanenza di Berlusconi nello scenario politico italiano. Una presenza – il PD non si faccia molte illusioni – che nemmeno un eventuale arresto del Cavaliere bloccherebbe.
“L’autunno del patriarca” sarà lungo, per una serie di motivi che proveremo ad elencare. Berlusconi non è un Santo. Ma gli italiani non sono né angeli, né stupidi. Questo spiega perché, alla fine, tutte le campagne mediatiche scatenate contro di lui (si pensi alla vicenda delle donne, che peraltro sono fatti ordinari in un Paese di ‘ingravida-balconi’ come l’Italia) non hanno sortito alcun effetto. Alla fine, quando questo personaggio scende in campo, il suo 30 per cento dei voti non glielo leva nessuno.
Berlusconi ne ha combinate tante. Ma soltanto un uomo di malafede può ignorare che, contro quest’uomo politico, è stata scatenata una tempesta giudiziaria mai vista prima. Nemmeno quella orchestrata da Tangentopoli contro il Psi di Craxi – che pure non è stata leggera – ha raggiunto i livelli della campagna che ha colpito il Cavaliere.
Dobbiamo ammettere – ed è giusto farlo – che se i magistrati manifestano tanto ‘interesse’ verso un personaggio, beh, un motivo ci sarà. Nel caso di Berlusconi ci sono certi passaggi del suo passato. E ci sono anche certe frasi pronunciate dallo stesso Cavaliere all’indirizzo dei magistrati piuttosto fuori luogo.
Anche l’ultima vicenda – quella che si sta concludendo con il voto per la sua decadenza dal Senato – non è esente da pecche. E’ stata oggettiva l’accelerazione giudiziaria nei suoi riguardi. E appare fuori luogo il voto del Parlamento ancor prima del pronunciamento della Corte Costituzionale.
Ma il punto non è questo. Il ragionamento da fare è un altro. Dietro il ‘siluramento’ di Berlusconi c’è la speranza del PD, a nostro avviso mal riposta, che togliendo dal Senato Berlusconi il centrodestra italiano si indebolisca. Anche il cambio di casacca di Alfano e della sua banda di ‘traditori’ non sposterà voti dal centrodestra al centrosinistra.
Nei ragionamenti politici rozzi di quella parte del PD di provenienza comunista c’è, come al solito, una semplificazione. Non potendo vincere sul piano politico ed elettorale, gli ex comunisti pensano di risolvere tutto con l’eliminazione fisica dei propri avversari.
Ma se lo schema ha funzionato con il Psi di Craxi, non funzionerà con Berlusconi. Per una serie di motivi. Il Psi di Craxi non ha mai superato il 15 per cento dei consensi. E, nel bene e nel male, operava in un’area di sinistra che in Italia è sempre stata minoritaria. Peraltro, la scomparsa del Partito socialista italiano non ha rafforzato gli ex comunisti. Semmai li ha indeboliti.
Berlusconi, piaccia o no, è il leader dei moderati italiani. Che nel nostro Paese sono la maggioranza. Una maggioranza che ha già visto all’opera la sinistra al Governo del nostro Paese. Ai tanti elettori di centrodestra è bastato conoscere Prodi, D’Alema e Amato per capire che non dovranno mai votare per questi personaggi e per i loro eredi.
Anche la presenza di Renzi è un fuoco di paglia. Intanto non è un leader, ma un democristiano raccogliticcio che parla per luoghi comuni. E poi, se vincerà le primarie, controllerà poco più della metà del PD. E uscirà comunque condizionato dagli ex comunisti.
A conti fatti, la pretesa del PD, di imporre all’Italia la mediocrità della propria classe dirigente eliminando fisicamente, ad uno ad uno, Partiti e avversari politici, si rivelerà un fallimento. Già i dirigenti di questo Partito non sono bravi e non fanno sognare. Ma figuriamoci in un momento del genere, con questo Partito che è costretto a difendere ciò che è ormai indifendibile: e cioè l’Unione europea delle banche e della finanza ladra e l’euro.
Che vogliamo dire? Semplice: che, come sempre, gli ex comunisti italiani hanno fatto male i conti. Pensano: Alfano e i suoi amici li abbiamo ‘imbarcati’; Berlusconi forse lo facciamo pure arrestare. Resta Grillo. Ma noi lo battiamo perché al nostro 30 per cento ci sommiamo i voti di Alfano e di quei quattro gatti dell’Udc.
Non funziona così. A differenza di quello che pensavano i gesuiti del centro ‘Arrupe’ di Palermo nella prima metà degli anni ’80 – con i quali, non a caso, i dirigenti del Pci andavano d’amore e d’accordo – le teste degli uomini non si cambiano smontandole. Le semplificazioni, in politica, portano solo dispiaceri e delusioni.
Quella del PD contro Berlusconi – la voglia matta di ‘silurarlo’ – non è una manifestazione di forza, ma di debolezza. E’ come se i dirigenti del Partito Democratico, in questo momento storico, stessero dicendo: noi non abbiamo le capacità politiche per battere Berlusconi, e meno che mai siamo in grado di governare l’Italia. Ma ci siamo e vogliamo vincere comunque. E il potere lo vogliamo tutto, per questo dobbiamo assolutamente eliminare fisicamente tutti i nostri avversari, che per noi sono nemici.
Il PD – che, peraltro, ha ‘addizionato’ nelle proprie fila il peggio della vecchia Dc, cioè la sinistra di questo ex grande Partito – non ha nel proprio ‘Dna’ politico nemmeno i brandelli della cultura socialista. Nel ‘genoma’ politico e culturale dei socialisti c’era la grande tradizione libertaria degli anarchici, da Andrea Costa a Bakunin, da Malatesta a Merlino. Ed è stata proprio la forza di questa tradizione di libertà che ha consentito ai socialisti italiani grandi riflessioni laiche sui diritti e sulla giustizia.
Nel ‘Dna’ degli ex comunisti italiani c’è l’obbedienza e il rigore – valori simili, per certi versi, a quelli dei gesuiti, che comunque, sotto il profilo culturale, sono molto più liberi e molto più spregiudicati dei comunisti – ma non c’è la libertà di pensiero. L’unico grande pensatore comunista italiano, che rifletteva anche su Croce, è stato Gramsci: personaggio che i vertici del Pci italiano imposti da Mosca non hanno mai amato appunto perché troppo ‘libero’.
Contrariamente a quello che pensano i vertici del PD, la cultura, in politica, conta tantissimo. Ed è questo il motivo per il quale, con l’accanimento verso Berlusconi, il Partito Democratico si sta scavando la fossa con le proprie mani. E più si accaniranno contro il Cavaliere, più negli italiani si insinuerà il dubbio che di questo PD non c’è proprio nulla da prendere. Altro che affidargli l’Italia!
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