“Per salvare Pantelleria ci vuole il Parco”

di Simonme Roscio

“Sono, felicemente, un papà a tempo pieno! Vivo, fisso, a Pantelleria ormai da 11 anni, innamorato di questa terra unica e di una sua figlia: Marina Patanè, mamma delle nostre due bambine: Emily e Swami, che sono orgoglioso siano nate a Pantelleria. Io sono nato a Modena 46 anni fa, per adesso sono disoccupato, prima ho sempre fatto il giardiniere e sono anche stato istruttore di vela per i bambini”

A parlare è Stefano Scaltriti (a sinistra con Beppe Grillo) uno dei protagonisti del Movimento 5 Stelle di Pantelleria. Abbiamo chiesto a Stefano di fare il punto della situazione in un’isola dalle mille risorse che sono sempre state male utilizate dalla politica tradizionale. A raccontarci questa bellissima isola è una voce diversa.

Stefano, parlaci del tuo ruolo a Pantelleria all’interno nel Movimento 5 Stelle.

“Sono uno di quei tre folli (gli altri due sono Giovanni Maccotta, Erik Vallini) che hanno aperto il meetup di Pantelleria all’incirca verso Settembre dello scorso anno. Ora siamo 106, non tutti di Pantelleria, alcuni anche non isolani. Io sono il coordinatore, eletto – lo specifico – e tra qualche mese (in Settembre) passerò il testimone ad un altro attivista, perché è giusto così, è importante che chiunque abbia modo di assumersi delle responsabilità e che si cresca tutti insieme. ‘Attivisti attivi’ (perché occorre fare questa precisazione, non si diventa un attivista con un giorno di impegno e basta lì) siamo una trentina, ci incontriamo da circa otto mesi, ogni settimana, creando dei gruppi di lavoro, e parliamo delle problematiche di Pantelleria e, in generale, delle isole di Sicilia, cercando di capire i problemi e trovarne le èossibili soluzioni. Il gruppo è aperto a tutti, il Movimento non è assolutamente esclusivo, anzi, l’opposto, è inclusivo, che si sia di destra o sinistra, l’importante sono le idee, condivise, per il bene comune dell’isola”.

E’ difficile il vostro lavoro?

“È difficilissimo fare il coordinatore di un gruppo così eterogeneo, mettere insieme così tante teste è complicato, ma funziona, sembra strano, ma funziona. Siamo una comunità che si confronta, anche aspramente, alle volte, ma il fine ultimo, il bene dell’isola, prevale sempre, quindi ne sono veramente felice e contento”.

Come ha reagito Pantelleria alla nascita di questo nuovo Movimento, localmente conosciuto come i grillini o vizzizù?

“Il Movimento, a livello sia locale che nazionale, è stato visto come una strana cosa, gente incompetente che parla di utopie, ma noi siamo convinti che queste ‘utopie’ siano la differenza tra di noi e chi disprezza o semplicemente non appoggia il Moimento 5 Stelle (per motivi personali, ideologici o chi sa cosa altro…). Noi crediamo fortemente in queste utopie’ (virgolette d’obbligo, sono ritenute utopie solamente da chi è esterno al Movimento ndr) sono il futuro, un cambiamento radicale dei modi di vivere è necessario, perché oramai il punto di non ritorno è stato superato”.

Parliamo un po’ del Movimento a Pantelleria.

“Quello a cui guarda il M5S è democrazia diretta: non delegare niente a nessuno, parlare di ambiente, di futuro, di redistribuzione della ricchezza. Parlare di quei temi che, purtroppo, specialmente la sinistra ha dimenticato. Noi non siamo né di destra, né di sinistra, ma purtroppo, la realtà è questa: PD e SEL si sono dimenticati di una grossa fetta di elettorato, quindi definire il PD e SEL di sinistra è un po’ come definire il PDL di destra! Essendo la legalità e lo Stato due dei capisaldi della destra mi fa venir da ridere”.

So che c’è un argomento che ti sta molto a cuore: la tutela dell’isola e la creazione di un Parco marino e di una riserva naturale. Come vi state muovendo per far sì che questa realtà diventi possibile a Pantelleria e venga accettata questa “nuova” idea da parte della popolazione?

“Preciso intanto che questa non è una nuova idea. Questa è un’idea che ha oramai 20 anni. Il Parco Nazionale è stato ‘imposto’ dallo Stato Italiano (e, quindi, un’eventuale riserva marina od un’estensione del Parco Nazionale sino a mare) con un progetto che è già a Roma nella stanza del Presidente della Repubblica. Noi abbiamo un obiettivo: rivalutare il passato e le sue idee con le tecnologie moderne, con una democrazia partecipata”.

Ovvero?

“Vuol dire prendere delle idee, anche vecchie o cosiddette vecchie, studiarle, rivalutarle e adattarle alle nuove esigenze ed ai nuovi mezzi, per creare dei progetti che non siano a brevissima scadenza, ma progetti che guardino al futuro, da qui a venti anni. Quindi progetti, anche difficili, ma che possano dare un futuro ai nostri figli ed anche a noi stessi. Siamo consapevoli che il futuro non esista più, non roseo almeno. faccio un esempio: l’attuale crisi economica. Son quattro anni che ci dicono che è finita ma è sempre qua. Noi dobbiamo conservare il nostro territorio datoci in prestito dai nostri figli e nipoti (come dicevano gli indiani d’America, “il territorio non è ereditato dai nonni, ma datoci in prestito da figli e nipoti”), per far sì che quando ridaremo indietro il prestito, a loro torni esattamente ciò che ci avevano affidato. Quindi un Parco Nazionale deve essere una realtà condivisa, con regole attuate e mantenute, però, deve essere condivisa da tutti. Sappiamo che un eventuale Parco sarebbe una grossa
responsabilità, una responsabilità difficile ed anche pericolosa. Volendo, se si sbagliano a formulare le leggi, i regolamenti ed i ‘vincoli’ (ma non chiamiamoli vincoli!) che regolano il Parco, ebbene, questo può diventare un qualcosa in cui andare ad incastrarsi. Bisogna essere un passo avanti, con la mente libera da ogni concetto ‘del piccolo orto’ e guardare in faccia la comunità e capire di cosa avrà bisogno da qua a 20/50/100 anni, ed un Parco è, forse, l’unica soluzione possibile”.

In che senso?

“Perché a Pantelleria si parla di turismo e sviluppo, ma tutto questo senza un parco è difficile da ottenere. Il Parco è l’unico modo per scavalcare, finalmente, i vecchi vincoli e la Regione, ed iniziare a parlare direttamente con il Ministero. Il Parco consisterebbe nel dare nuovi regolamenti (non vincoli), per dare la possibilità di fare: auto-gestione energetica domestica, la possibilità di essere, veramente, padroni del territorio, del mare, riuscire a far sì che non vengano più a pescare ‘altri’ che non siano panteschi, nel nostro mare. Ostacolare queste multinazionali (compagnie petrolifere) che, con il sostegno del Governo (partito unico: PD-L e PDL), insieme alla non-opposizione unica (SEL, fratelli d’Italia, Scelta civica), stanno depredando il nostro mare”.

Quindi una difesa del mare?

“Il Parco ci consentirebbe di avere in mano delle ‘armi’ per ostacolare e, quanto meno, rallentare queste azioni contro il nostro mare da tutelare, invece di farlo diventare un ‘far-West’ in cui ognuno può far ciò che gli pare. Insomma, basta fare il bello ed il cattivo tempo con la popolazione locale di Pantelleria. Tutto questo, unito alla Legge Quadro, cui stiamo dando una mano insieme agli altri attivisti di Lipari, di Lampedusa, di Linosa e tutti quelli che toccherà il disegno di legge per le isole siciliane (sì, siciliane, noi abbiamo voluto cambiare subito il nome da “minori” a “siciliane”, perché non ci sentiamo proprio minori a nessuno!)”.

Continueremo ad approfondire l’argomento “Parco/riserva marina” con la prossima intervista che faremo a Guido Picchetti. Ma ti chiedo: Il mare ed il territorio isolano, un’importante risorsa per l’isola stessa. Cosa può portare all’isola una sua valorizzazione? Perché investire sul mare?

“La prima cosa, la più ‘banale’, è perché ci viviamo, già questo dovrebbe portare ad una sua valorizzazione, è la nostra casa. Inoltre ci permetterebbe di chiedere degli incentivi direttamente al Ministero per dei progetti eco-sostenibili, oramai l’eco-sostenibilità non è più un vincolo, si può essere eco-sostenibili ed avere tutti i benefit che il mondo moderno ci può dare, anzi, ne potremmo avere anche di più. Può portare un miglioramento della qualità di vita. Può portare ad un’indipendenza energetica. Può portare ad un’indipendenza alimentare. Ad un’indipendenza economica. Ormai si è visto che grazie ai Parchi (ben gestiti) si è assistito ad un incremento del turismo: un turismo che ha ben a cuore quel che è l’ambiente (turismo sociale o ambientale, attratto, ad esempio, dalla migrazione dei rapaci), cosa che potrebbe favorire un turismo destagionalizzato. Noi abbiamo in mano un diamante grezzo, l’isola, in mano a dei ciechi”.

Quindi, alla base dei vostri progetti, c’è anche un’idea di turismo diversa?

“Pantelleria è un’isola che non può sopportare un turismo di massa, e ce ne siamo resi conto, ma non può nemmeno sopportare un turismo d’élite, perché questa élite ci ha portato ad un colonialismo ed a una sudditanza mentale verso il turista, che non è più concepibile nel 2013, sono cose dell’Ottocento”.

Allora quali, concretamente, i benefici e le idee che possano valorizzare il territorio e far prosperare l’isola grazie ad un Parco?

“Il primo sarebbe il nome stesso del ‘marchio’ datoci dal Parco ed il successivo marketing. Creando un Parco Nazionale, il Comune di Pantelleria potrebbe creare questo ‘marchio’ e prendersi carico della gestione di un certo tipo di strategie di crescita economica, e lasciare così, ad esempio, i contadini o i pescatori liberi di fare i contadini ed i pescatori, non di doversi occupare anche di altre magagne non strettamente legate alla loro attività. Inoltre permetterebbe di uscire fuori da questa ‘sudditanza statale’ in cui vive Pantelleria. A Pantelleria si vive sulle 50 giornate della forestale o sulle 100 giornate dei pompieri. Un parco permetterebbe all’isola di accedere a tutti quei fondi messi a disposizione dall’Unione Europea, proprio per i Parchi, e quindi permettere lo sviluppo di piccole o grandi realtà, come, ad esempio, bed and breakfast, aziende agricole, piccole cooperative, etc… È questo darebbe la possibilità ad ogni persona di coltivare ed evolvere il proprio sogno per vivere bene, non aspettando i soldi dei turisti o soldi ‘regalati’, quasi come un favore, dallo Stato. Pantelleria e la sua popolazione devono prendere coscienza di essere meritevoli di dignità, non accettare più di essere trattati come cittadini di serie B”.

Abbiamo introdotto i possibili effetti positivi che potrebbe dare un Parco a Pantelleria, parliamo ora dei possibili danni che si troverebbe a fronteggiare Pantelleria senza avere dalla sua mezzi che gli permettano di combattere la speculazione ad armi pari. Parliamo delle trivellazioni petrolifere e della pesca indiscriminata, soprattutto di quella a strascico.

“I danni derivanti dalla pesca a strascico (ed anche dalla pesca con il cianciolo), oramai, sono davanti gli occhi di tutti, specialmente davanti a quelli di pescatori ed appassionati di immersioni (o di chiunque ‘viva’ il mare). Il danno maggiore è la morte del fondale marino con i relativi danni economici che avrebbero tutte quelle figure strettamente legate al mondo della pesca. I danni legati invece alle trivellazioni sarebbero tutti i riversamenti di idrocarburi dovuti al traffico che si verrebbe a creare nel Canale di Siiclia, tutte le perdite successive alle trivellazioni, tutti i possibili incidenti che potrebbero venirsi a creare (ricordo quel che successe nel Golfo del Messico), eventi rari, ma comunque possibili”.

Quali le possibili soluzioni contro la pesca a strascico che ci darebbe un eventuale Parco?

“Sicuramente un ripopolamento ittico da far fruttare (non sfruttare, attenzione!) poi con la pesca tradizionale. Una pesca capace di valorizzare localmente il prodotto, di fare turismo e puntare all’eco-sostenibilità. Si pescherebbe meglio e di più, destinando semplicemente alcune aree al ripopolamento ed evitando in generale la desertificazione dei fondali”.

E contro le trivellazioni?

“Con il Parco hai la possibilità di lottare. Fondamentalmente è quello, la possibilità di portare avanti una lotta più omogenea, più dura contro le multi-nazionali. A nessuna multinazionale piace trivellare vicino ad un Parco, perché si hanno dei costi molto maggiori che non in assenza di un Parco. Poi ci sono molte più leggi che le multinazionali sono tenute a rispettare. Invece, senza Parco, è come dare il proprio figlio in pasto ai lupi, senza protezione alcuna. Con il nuovo decreto Passera, che ha abbassato i limiti della distanza dalla costa, verranno a trivellare a 5 miglia. Questo vorrebbe dire riuscire a vedere la trivella ad occhio nudo: vorrebbe dire che il turismo farebbe fatica a tornare. Perché nessuno vuole andare in vacanza vicino ad una piattaforma petrolifera. Le fuoriuscite di idrocarburi, anche se piccole, renderebbero le coste nere, e non per la presenza di ossidiana, ma per quella di catrame. Insomma, tutela e valorizzazione. Sarebbe questo il grosso vantaggio di avere un Parco”.

 

Redazione

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