Da mesi spiravano venti di guerra tra il presidente nazionale Udc Gianpiero D’Alia e il segretario nazionale del partito centrista Lorenzo Cesa. I rapporti con il leader siciliano si erano inaspriti negli ultimi mesi, quando il partito in Sicilia ha cominciato a creare alleanze con il centrodestra. Il referendum è stato il punto di rottura. Perché mentre tutto il partito sostiene il sì, Cesa e i suoi uomini hanno scelto la strada del no.
Il divorzio ormai inevitabile arriva a due giorni dalla presentazione a Messina delle iniziative dell’Udc nell’Isola per promuovere il voto a favore della riforma costituzionale. Sotto accusa le parole di D’Alia che nella sua città ha sostenuto che «l’Udc è morta, stiamo parlando del nulla…». Frasi che hanno spinto Cesa a chiedere la testa di D’Alia perché si legge nel comunicato diffuso «le sue frasi ledono immagine partito». Così il segretario nazionale ha sospeso a titolo cautelativo dal partito D’Alia, deferendolo al collegio dei proibiviri «per le gravi affermazioni lesive dell’immagine del partito e offensive nei confronti dei suoi 50mila iscritti». Non si è fatta attendere la replica di D’Alia che piccato ha risposto «grato a Cesa delle dimissioni se mi fornisse indirizzo a cui inviarle. Confesso che è abbastanza inebriante essere sospeso dal nulla – ha attaccato -. Per amicizia verso l’onorevole Cesa, mi prodigo per evitargli nuovi strappi sul fronte della legalità statutaria e gli rassegno volentieri le mie dimissioni».
A mal digerire la scelta di Cesa anche il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, che così commenta la scelta di sospendere il parlamentare di Area Popolare e fondatore dei ‘Centristi per il Si’. «Egregio onorevole Rocco Buttiglione e gentilissima onorevole Paola Binetti, un partito che in Sicilia stringe rapporti con cocainomani e mafiosi… sospende una persona per bene come D’Alia, senza vergogna alcuna. Dispiace il vostro assordante silenzio», ha scritto in un sms il deputato regionale.
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