Peppino Impastato, il ricordo a 39 anni dalla morte Il fratello: «Combattiamo il silenzio con le scelte»

Trentanove anni fa Cinisi si risveglia incredula, o forse neanche troppo, scoprendo della morte di Peppino Impastato. Oggi seduta fuori da quella che fu la sua casa c’è anche Letizia Battaglia, storia fotografa che quegli anni li ha raccontati. È visibilmente commossa e attorniata dai giovani accorsi per commemorare l’attivista ucciso dalla mafia. «Oggi una grande commozione, mi verrebbe da piangere continuamente, non riesco quasi a frenarmi – rivela a MeridioNews – E comunque essere qui oggi è come ritrovarsi in una grande famiglia, fatta di persone che credono nella giustizia, nella verità, nella libertà». Malgrado gli eroi, però, la strada da fare rimane tanta. 

«È un cammino faticoso e anche doloroso, però è anche commovente incontrarci. Sono tanti i giovani che oggi sono qua al corteo, significa che la figura di Peppino c’è, rimane, è importante anche per loro – dice – Tanti scompariranno, ma il suo ricordo rimane e non solo a Palermo, in Sicilia e in Italia». Sono tantissimi infatti gli stranieri giunti qui oggi proprio per ricordare Peppino. Ma cosa si può fare ancora contro questa mafia che continua a esistere, pur cambiando volto? Non ha dubbi Letizia Battaglia: «Si può lottare, vivere da persone per bene, rispettando le regole della democrazia. Questo è tutto».

Seduti di fianco a lei davanti Casa Memoria ci sono anche i coniugi Agostino, Vincenzo e Augusta, genitori dell’agente Nino, ucciso dalla mafia 28 anni fa insieme alla moglie Ida Castelluccio. «Oggi per me essere qui per ricordare Peppino, un martire della Repubblica, è importante perché solo con la memoria potrà esserci un futuro. Ecco perché puntiamo tutto sui giovani e li spingiamo a ricordare e custodire il passato», dice. Di Peppino loda soprattutto l’ironia con cui, dalla sua famosa Radio Aut, ha voluto rompere col passato e con la mentalità mafiosa che indisturbata avvelenava Cinisi. «Chi ha voluto rompere col passato e con certi sistemi ha pagato con la vita, non solo Peppino, ma molti giovani che volevano per sé e per noi oggi un mondo migliore – continua – I politicanti che si sono succeduti dagli anni ’70 agli anni ’90 hanno contribuito a creare un’etichetta precisa di questa terra Sicilia uguale mafia, ma noi abbiamo un cuore grande, siamo soprattutto altro». 

È convinto, Vincenzo Agostino, che la mafia di oggi non abbia una più una sua base nel basso: «La testa è su, altrove, qui è rimasta la coda – spiega – Ormai è tra i colletti bianchi, tra chi decide come stare è come non stare, non cercate più qui la mafia». E su come combattere la criminalità organizzata alla luce delle lotte fatte nel passato risponde sicuro: «Possiamo solo con la cultura, che questa mafia oggi teme moltissimo. Teme la penna», dice alludendo a il potere anche dei mezzi di comunicazione e della stampa libera. «Abbiamo un’arma noi ed è il voto -aggiunge – Ma dobbiamo usarla con consapevolezza, pretendendo una legge che regoli l’attività dei politici, in modo che non possano mettere radici sulle loro poltrone. È questa l’Italia che ci vorrebbe».

Giovanni impastato, fratello di Peppino, dal balcone della Casa Memoria: «Carissimi amici e compagni sono trascorsi 39 anni, anni molto lunghi e intensi, ma è venuto il momento di non vivere nel passato. Molte associazioni si sono unite a noi in questi anni e le nuove generazioni hanno sposato la nostra causa. Dobbiamo guardare il presente e cambiarlo, ci sono troppe istanze ed emergenze per cui battersi, la tragedia dei migranti, la schiavitù degli uomini e la precarietà. E poi ci sono le verità che non vengono riconosciute, dobbiamo chiedere con forza che i diritti umani e la dignità non vengano calpestati, battiamoci perché ci sia verità per tutti. Dall’anno scorso qui campeggia lo striscione “Verità x Giulio Regeni”, Giulio è solo uno dei tanti dietro il volto dei migranti che sbarcano nelle nostre coste e dei bambini che muoiono di fame. Ci sono grida disperate che non possiamo più ignorare, usciamo dalle logiche politiche che ci vogliono imbrigliare, non assoggettiamoci a poteri che vogliono orientare le nostre scelte. Facciamo quello che faceva Peppino, scendiamo per strada e facciamo le nostre scelte, schieriamoci, nessuna connivenza, anche il silenzio lo è. Oggi faccio la mia scelta, sto dalla parte dei diritti umani, per tutti nessuno escluso. Sono per la verità e voi da che parte state? Il mondo ha bisogno di tutti noi».

E infine, «Ringrazio tutti quelli che sono venuti, anche da lontano, e i movimenti e tutti i compagni intervenuti – conclude Impastato – Dobbiamo risolvere al più presto il problema del casolare. Un paese senza memoria non può avere un futuro. Per il quarantesimo anniversario la nostra proposta è di una grande mobilitazione finalizzata a risolvere soprattutto il problema del casolare. Oggi siamo in tantissimi, ma già da domani lavoreremo per la prossima ricorrenza. 40 anno sono tantissimi, ma pochi rispetto a quello che si può ancora fare. Lavoriamo per la verità e la giustizia e soprattutto per un mondo migliore! Vi aspetto anche l’anno prossimo». Il discorso si conclude tra gli applausi delle tante scuole provenienti da tutta Italia che hanno dato vita al corteo.

Giacomo Randazzo, compagno di Peppino: «Proprio ieri qui Giovanni impastato ha presentato suo libro “oltre i cento passi”. Ho riflettuto su questo “oltre”. Significa anche costruire, dare strumenti e idee ai ragazzi, parlando nelle scuole, è ora di costruire qualcosa di più. Noi possiamo porgere i mattoni, ma la costruzione la devono fare i ragazzi».

Carlo Bommarito, presidente associazione Peppino Impastato: «Il 27 aprile del 1977 Radio Aut iniziava le sue trasmissioni. Abbiamo parlato nelle scuole ed è bello vedere oggi proprio i ragazzi del luogo, questa è la strada giusta per averli. In questi giorni abbiamo affrontato molti problemi, uno fra tutti quello sull’acqua: è un bene pubblico, abbiamo i mari inquinati perché le grandi multinazionali aspettano di spartirsi i soldi. Bisogna riaffermare il concetto di bene pubblico come risorsa di tutti. Infine volevo informare che quest’anno l’associazione e i compagni di Peppino hanno avuto dei dispiaceri: casa Badalamenti, nel 2011 assegnata al comune di Cinisi per diventare biblioteca e spazio destinato ai compagni di Peppino ci è stata tolta con una delibera del sindaco. È stata assorbita dalla biblioteca comunale. In questi anni abbiamo lavorato perché questa casa divenisse un luogo simbolo sul territorio, di memoria forte, è per questo vengono da tutta italia. Chiediamo oggi al primo cittadino di Cinisi di fare un passo indietro su questa cose perché quel luogo è un simbolo, anche grazie a quei compagni che hanno riscritto la storia di Peppino, quindi ogni pezzetto che viene tolto loro è un’offesa a Peppino stesso».

Infine Umberto Santino, presidente del centro Impastato, in testa al corteo: «Adesso siamo in tanti, il centro quest’anno compie 40 enni e l’omicidio di Peppino 39. È importante ricordare questa storia, perché ci sono state delle persone che, quando tutte le forze dell’ordine lo ritenevano un terrorista inesperto che si era fatto esplodere o un suicida, hanno lottato per la sua memoria. Voglio ricordare i compagni che hanno raccolto le pietre macchiate di sangue quando i procuratori avevano già dettato la sentenza. E la famiglia, che non ha scelto la via più facile della vendetta, ma ha lottato per la giustizia. Come manifesto di Palermo e altri gruppi siamo entrati nei cantieri edili, dove nessuno era mai entrato. Ci siamo rivolti alle finestre chiuse. A 39 anni all’omicidio è importante che ci siano le scuole di Cinisi e terrasini, alcune finestre quindi si sono aperte. Abbiamo fatto tanta strada, abbiamo vinto su tutta la linea anche se con colpevole ritardo, facendo condannare i mandanti dell’uccisione di Peppino, il vice di Badalamenti e Badalamenti stesso. Abbiamo ottenuto una vittoria politica anche con la relazione della commissione parlamentare antimafia. Scelte che ci hanno portato all’isolamento ma che alla fine hanno vinto. Questa è una nuova strada che si apre, non è più il paese di Gaetano Badalamenti ma di Peppino Impastato e di tutti coloro che hanno salvato la sua memoria, ottenendo la vittoria più grande: fare di una storia locale una storia mondiale».

Un momento bellissimo e di grande intensità, ma le finestre di Cinisi che si affacciano su corso Umberto e su quella casa, oggi Casa Memoria, restano chiuse. Nessuno si affaccia, nessuno si scorge, si spera solo che abbiano scelto tutti di riversarsi in strada con gli altri, con i forestieri che oggi più che mai hanno dimostrato di essere di Cinisi, scegliendo consapevolmente da che parte stare.

Silvia Buffa

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