Peppino Impastato, il ricordo a 38 anni dalla morte Sulla commemorazione l’ombra del caso Maniaci

Sono oltre un migliaio a sfilare lungo la strada statale che dalla sede di Radio Out, a Terrasini, conduce fino a Cinisi, davanti alla casa di Peppino e Felicia Impastato. Scuole, studenti, associazioni: hanno risposto in tanti all’appello che arriva dagli amici di Peppino, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978. C’è il fratello, Giovanni Impastato, l’amico Salvo Vitale, il presidente del centro studi impastato, Umberto Santino, il vignettista Vauro, il coordinatore regionale di Libera, Gregorio Porcaro, l’ex deputato regionale, Fabrizio Ferrandelli, il senatore Francesco Campanella, il deputato Erasmo Palazzotto. Il corteo, mosso al grido di «Peppino è vivo e lotta insieme a noi», è giunto a nei pressi di casa Impastato, ad appena cento passi dal l’abitazione del boss Tano Badalamenti.

Nel giorno in cui si commemorano i trentotto anni dalla morte di Peppino, tuttavia, a tenere banco è ancora il caso di Pino Maniaci. Il direttore di Telejato, bandiera dell’antimafia, la cui figura è più volte stata affiancata a quella del fondatore di Radio Aut, colpito da un’ordinanza di divieto di dimora per un’accusa di estorsione. «La legalità non è solo rispetto della legge, ma dignità – dice Giovanni Impastato, fratello dell’attivista ucciso da Cosa nostra – Oggi l’antimafia barcolla». 

«Non abbiamo mai intravisto in Pino Maniaci – prosegue – possibili accostamenti alla figura di Peppino, alle sue lotte e alla capacità di fare vera controinformazione. Se c’erano cosi tante persone prima ancora del corteo è proprio perché Maniaci con noi non c’entra; non a caso siamo stati attaccati proprio da lui: noi siamo un’altra cosa e abbiamo un’altra storia».

Il premio musica e cultura va a Vauro «La mafia è la negazione arrogante del diritto, l’affermazione violenta del privilegio. Non c’è lotta alla mafia se non c’è lotta per il diritto. Mi dicono che i giovani non hanno interesse, ma lo dicono perché vogliono che i giovani non si interessino». «Sono passati 38 anni e oggi possiamo dire che la lezione di Peppino è più attuale che mai» dice Umberto Santino dal balcone della casa memoria di Cinisi. Santino non lesina critiche all’antimafia «di facciata, di parole, di chiacchiere, che copre i contatti che si continuano ad avere con la mafia». Santino ha inoltre ricordato nel suo intervento l’ex presidente della Camera di commercio di Palermo, Roberto Helg, il giudice Silvana Saguto. «Peppino praticava un’antimafia modernissima, fatta di cultura, di satira, di contaminazione e di condivisione».

Miriam Di Peri

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