COMPETONO PER LA SEGRETERIA REGIONALE DI UN PARTITO CHE E GESTITO DA UNA SOMMATORIA INFORME DI CAMARILLE CHE POCO O NULLA HANNO A CHE VEDERE CON LA SINISTRA E CON LA DEMOCRAZIA
Raramente è capitato di assistere alle manifestazioni dettagliate della democrazia. A memoria si ricorda l’esperienza della Democrazia cristiana che conteneva, già al momento della nascita, una pluralità di voci e di posizioni che riuscivano a stare insieme soltanto in funzione anticomunista Opzione obbligata che rappresentava l’unica ragione della sua stessa esistenza. Questo legame era talmente forte che è riuscito a tenerla unita per un lungo mezzo secolo. Dalla caduta del Muro di Berlino la Dc si è dissolta in una grande diaspora e nessuno degli attuali epigoni ne soffre la mancanza.
A sinistra – dove non esistono pregiudiziali ‘anti’, ad eccezione di una fase iniziale dell’esperienza del ‘900 dove la missione era l’anticapitalismo e l’anti fascismo – la vicenda politica è contrassegnata da continue divisioni sistematicamente accompagnate da dichiarazioni di impegno unitario. L’ultima vicenda, a sinistra, che ha assunto la forma di farsa è stata quella dell’ultimo congresso di Rifondazione Comunista nel quale si fronteggiavano ben sei mozioni con l’esito storico di sparire dall’agone politico, salvo quello di portare la testimonianza che una residua parte dell’elettorato italiano è ancora fermo a quelle opzioni di fondo.
Nell’attuale stagione è la volta del Partito Democratico a rappresentare il pluralismo delle posizioni e delle visioni politiche. In campo nazionale la diversità della presenze ha trovato un leader largamente unificante e il congresso si è concluso all’insegna dell’apparente unità.
In Sicilia, invece, la competizione ‘democratica’ vede in lizza ben cinque concorrenti alla segreteria. Siamo abbastanza vicini alla farsa delle sei mozioni di cui sopra. I cinque, però, non hanno proposto altrettante mozioni i cui orientamenti si diversificano in tale misura da giustificarne la proposta alternativa l’una all’altra. Pertanto si può dedurre che la competizione tra i cinque è la diversa interpretazione dello ‘spirito di servizio’, perdonate il lapsus: la formula più congeniale è ‘spirito di potere’.
Avremmo preferito sentire dai cinque competitori le diverse opinioni a riguardo dell’endemica crisi dell’economia siciliana e quali misure ognuno propone per risolverla una volta per tutte; avremmo voluto sentire le loro rispettive opinioni sulla presenza di sedici basi militari sul territorio siciliano, basi nato o Statunitensi, Muos compreso (che sta per entrare in funzione); che con la loro presenza fanno della Sicilia un obiettivo militare ad alto rischio in caso di eventuale, benché improbabile conflitto; avremmo voluto conoscere dai cinque quale idea di Autonomia siciliana caldeggia; infine, vorremmo conoscere il loro rispettivo parere sui disastri politici, economici e finanziari stanno consumando il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, ed il suo assessore all’Economia, Luca Bianchi, nonché i progetti di crescita industriale e le misure strutturali per sviluppare l’imprenditoria, l’occupazione, la produttività del sistema Sicilia e la competitività di questo nello scacchiere europeo e mondiale. Materia, questa, affidata ormai da molti anni alle cure di Confindustria Sicilia, soggetto industriale senza industrie.
Su questi temi registriamo il vuoto più assoluto, accompagnato dal silenzio più assordante. La domanda conclusiva è: alla Sicilia serve una forza politica siffatta?
Non accenniamo nemmeno all’idea se il Partito Democratico serva alla Sinistra, ammesso che quel Partito possa essere annoverato tra le formazioni della Sinistra. Al suo interno volendo trovare qualcosa di sinistra occorre munirsi di potente microscopio.
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