«La forza di alcuni notabili che ieri hanno imposto l’abolizione delle primarie è corrispondente alla loro debolezza e irrilevanza tra i cittadini e la società». Luca Spataro è ormai l’ex segretario provinciale del Partito democratico a Catania. Stamattina ha formalizzato le sue dimissioni, a cui si aggiungono anche quelle del segretario cittadino del Pd Saro Condorelli, in una conferenza stampa in cui ha usato toni pesanti verso «il gruppo dirigente di notabili che non capisce i tempi che stiamo affrontando».
A spaccare i democratici è stata la direzione provinciale di ieri, durante la quale la mozione a favore delle primarie del centrosinistra per scegliere il candidato sindaco di Catania – proposta presentata da Spataro – è stata bocciata con 40 voti contrari e 15 favorevoli. Passa invece il documento redatto da un gruppo di parlamentari regionali e nazionali, tra cui Concetta Raia, Giovanni Burtone e Antony Barbagallo, che indica nella consultazione interna al partito la via migliore per la decisione. Che tuttavia è già presa: il candidato sarà Enzo Bianco. Scelta appoggiata anche dalla Cgil. Il segretario generale Angelo Villari è stato tra i promotori del documento.
Oggi la replica di Spataro. «Ieri il partito si è chiuso in se stesso – afferma l’ex segretario – ed ha assecondato il capriccio di qualcuno che vuole essere sindaco senza passare dalle primarie. So che esiste un altro Pd che non è quello chiuso tra quattro stanze e continuerò a lavorare per questa visione di partito». Ad accelerare il terremoto tra i democratici è stato sicuramente il deludente risultato delle elezioni politiche. Sopratutto a Catania e provincia. Perché dunque non dimettersi prima? «Ci ho pensato – ammette Spataro – ma mi sono preso la responsabilità di guidare il partito nella discussione che precede le amministrative, ora il mio compito è finito perché non entrerò a far parte del direttorio che mi sostituirà. Basta pronunciare la parola direttorio per vedere quanto sa di vetusto, io non assecondo logiche da Spa».
Ma al di là degli ultimi risultati elettorali, all’interno del partito etneo sembra consumarsi un vero e proprio scontro generazionale. Al momento risolto in favore delle vecchia guardia. Spataro è appoggiato da Giuseppe Berretta, l’altro candidato sindaco di area democratica, e da diversi giovani coordinatori locali del partito. Per l’ex segretario provinciale «il percorso scelto ci fa tornare alla prima repubblica, il gruppo dirigente che guida il Pd da 25 anni ha imposto la cancellazione dello statuto e dello stesso dna del partito». Una lotta tra «notabili» – come li definisce Spataro – e nuova generazione che esplode oggi, ma che è andata avanti a lungo. «Gli stessi soggetti che ieri hanno presentato il documento osteggiano da tempo il cambiamento. A questo punto – riflette – tornerò a fare il militante nei territori e nei quartieri popolari di Catania».
Nella discussione c’è spazio anche per tornare sull’appoggio esterno dato dal Pd al passato governo regionale guidato da Raffaele Lombardo. «Mi aspettavo che i dirigenti che hanno criticato i risultati delle politiche – continua Spataro come un fiume in piena – gli stessi che ci hanno fatto fagocitare dal sistema di Lombardo, ammettessero di aver sbagliato anziché dare la colpa a chi di anni ne ha 35». Cosa succederà adesso in casa Pd a Catania? La direzione passerà provvisoriamente ad un direttorio, un coordinamento di deputati regionale e parlamentari, di cui ancora non si conoscono esattamente i nomi, a cui spetteranno tutte le decisioni più importanti in vista delle elezioni amministrative. Comprese le eventuali alleanze. Per quanto riguarda Giuseppe Berretta, Spataro ipotizza un suo passo indietro. «Responsabilmente non si candiderà», afferma l’ex segretario. Ma lo stesso Berretta ancora non ha preso una decisione. «Continuo a sperare in un ripensamento – spiega il neoeletto alla Camera – Il Pd ha scelto improvvidamente di non fare le primarie, non ha ancora il suo candidato. Questa decisione – conclude – spetterà all’assemblea cittadina e alla direzione provinciale del partito».
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