Nel Pd siciliano la parola dordine, ormai, sembra una sola: niente più sconti al presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta. Ieri anche larea che in Sicilia fa capo a Matteo Renzi, capeggiata dal parlamentare nazionale, Davide Faraone, non ha mancato di esprimere perplessità sulla conduzione dellamministrazione regionale.
In realtà, Faraone è stato tra i primi a criticare il Governo Crocetta. Quella di ieri, insomma, è stata la conferma che tutto il Partito democratico dellIsola guarda al Governo Crocetta come a qualcosa da cambiare profondamente.
I renziani, in particolare, hanno messo in evidenza, anzi, hanno stigmatizzato, uno stile di governo che procede senza ascoltare le istanze che provengono dalla società siciliana. E il caso delle associazioni dei familiari delle vittime della mafia che il governatore Crocetta non ha ricevuto. O dei disastri creati negli ultimi mesi alle tante istituzioni culturali della Sicilia lasciate priva di risorse finanziarie.
Ma i renziani prendono le distanze anche dalle altre anime del Pd siciliano. Faraone, al quale nelle ultime settimane si è avvicinato il ‘ramingo’ Fabrizio Ferrandelli (che un anno fa partecipò alle elezioni primarie per la candidatura a Sindaco di Palermo proprio contro Faraone, appoggiato da Cracolici e Lumia; poi si è spostato verso l’area oggi capeggiata da Franco Piro per finire nei renziani: almeno per ora è qui), non ama il Partito delle tessere. E vorrebbe un Partito direttamente collegato con la società siciliana.
E chiaro che lincontro di ieri, insomma, è uno dei tanti passaggi della battaglia congressuale che ormai si è aperta nel Pd siciliano. Ogni leader comincia a posizionarsi. E a studiare le mosse degli altri big.
Nelle scorse settimane, ad esempio, Antonello Cracolici, fino allanno scorso alleato di ferro del senatore Giuseppe Lumia, ha ormai spattato da questultimo. Ha costituito unarea piuttosto nutrita (nella quale sono confluiti sette o otto parlamentari regionali del Pd). Lasciando chiaramente intendere che dellormai scomparsa asse Cracolici-Lumia il maggiore azionista era proprio lui. Mentre Lumia, nel Pd siciliano, ormai è pressappoco un ospite (forse non troppo desiderato: anzi…).
Del resto, a mettersi in fuori gioco, nel Pd siciliano, è stato lo stesso Megafono. Il Movimento politico del presidente della Regione, Rosario Crocetta, e dello stesso Lumia è considerato un corpo estraneo al Pd. Il Megafono, con molta probabilità, non avrà alcuna voce in capitolo nel congresso regionale. Insomma, pe rdirla brutalmente, il Megafono non è una corrente del Pd siciliano.
Forse il chiamarsi fuori dal Pd siciliano era un progetto degli stessi Crocetta e Lumia. Se, infatti, nelle scorse settimane Crocetta andava in giuro dicendo: Il Pd è il mio Partito, adesso, di questo Partito, il presidente della Regione non vuole pagare nemmeno le quote mensili previste dal regolamento finanziario.
Crocetta dovrebbe versare le quote di 9 mesi di arretrati, per la precisione 13 mila e 500 euro. Ma non ne vuole sapere di cacciare questi soldi. E lo stesso discorso vale per tre assessori regionali – Nelli Scilabra, Nino Bartolotta e Luca Bianchi (questultimo, in realtà, è romano e i soldi potrebbe tenerseli in quanto tale) – che sembrano più del Megafono che del Pd.
Insomma, Crocetta e Lumia sembrano fuori dai giochi del congresso regionale del Pd siciliano.
Unaltra novità in questo Partito è rappresentata dal Correntone costituitosi dieci giorni fa a Palermo, nei saloni del San Paolo Palace. Il portavoce di questarea è il già citato Franco Piro, figura storica della Sinistra siciliana. Si tratta di unarea ancora piuttosto magmatica, ma in crescita. Difficile dire, da qui al congresso regionale, quante saranno le adesioni (che già non sono poche: tutt’altro). Ma un dato è certo: il Correntone – che si chiama “Nuovo corso del Pd” – è destinato a giocare un ruolo centrale nella gestione del Pd siciliano e nei rapporti con il Governo Crocetta.
Con molta probabilità, il nuovo segretario regionale del Pd siciliano si eleggerà con la classica votazione tra gli iscritti (cosa che non dovrebbe piacere ai renziani). Se nessun candidato raggiungerà il 50 per cento, come avvenuto con lelezione di Giuseppe Lupo, si andrà al ballottaggio. Insomma, una votazione tra gli iscritti. Anche se questa volta – almeno questa sembra l’atmosfera – si dovrebbe assistere a una votazione, se non plebiscitaria, quanto meno unitaria.
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