Rinviato a giudizio lo scorso 8 novembre e attualmente sotto processo – insieme al cognato e deputato regionale Franco Rinaldi e alle rispettive consorti, Chiara ed Elena Schirò – nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria Corsi d’Oro sulla formazione professionale messinese. In carcere per cinque giorni a partire dallo scorso 15 maggio, dopo l’autorizzazione a procedere della Camera, poi ai domiciliari e nuovamente a Gazzi a partire dallo scorso 15 gennaio. Recentemente destinatario di un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate riguardante 16 milioni di euro depositati nella banca Credit Suisse e coinvolto in un’indagine sul trasferimento di circa dieci milioni nel Principato di Monaco. È questo il pesante carico che Francantonio Genovese, parlamentare del Partito democratico ed ex sindaco di Messina, sta portando sulle spalle. Un carico capace di stritolare chiunque. Ma non lui, evidentemente, se è vero che la sua corrente politica, dominante da anni in riva allo Stretto, continua a dettare legge.
Genovese, oltre che un politico, è un imprenditore affermato. Sua, per esempio, è una quota rilevante della Caronte&Tourist. Con sé porta in dote circa 20mila voti e, a dispetto della bruciante sconfitta del suo candidato, Felice Calabrò, alle amministrative messinesi del 2013, non sembra per nulla intenzionato a segnare il passo. Lo testimonia Basilio Ridolfo, segretario provinciale del Partito democratico, che parla apertamente di «resistenze dei genovesiani», capaci di impedire il nuovo corso invocato a più riprese, soprattutto ma non solo, dai renziani della prima ora.
Il partito in riva allo Stretto, proprio dove risiede il suo esponente più votato in assoluto alle primarie parlamentari del 2012, versa in un terribile stato confusionale. A reggerlo, accanto a Ridolfo, sono due coordinamenti provvisori – provinciale e cittadino – nati da un compromesso sancito sotto l’egida di Fausto Raciti, lo scorso settembre. A marzo, da quello provinciale, sono fuoriusciti esponenti di spicco come Lucia Intelisano o come i renziani Alessandro Russo, Francesco Palano Quero, Giacomo D’Arrigo, Liliana Modica. Tutti intenti a richiedere urgentemente un nuovo tesseramento e un congresso. Adesso, se dalla segreteria regionale non si porrà fine alla paralisi, potrebbe essere il turno dello stesso Ridolfo, pronto a rassegnare le dimissioni.
«Lo scorso primo marzo ci siamo riuniti con Fausto Raciti – spiega – il 20 marzo ho presentato una proposta contenente la tempistica per il rinnovo degli organi, avvisando che il capoluogo, in queste condizioni, non può andare oltre». Il segretario provinciale ha posto un termine ben preciso: il prossimo 30 giugno. «Prima della mia elezione, a Messina avevamo 64 circoli. Proprio in quell’occasione sono scesi a dieci. Io ne propongo sei, quante sono le circoscrizioni elettorali. Parallelamente propongo una nuova campagna di tesseramento, che sarebbe dovuta cominciare ieri (l’altro ieri, ndr) per terminare il 31 maggio». Passaggi propedeutici alle elezioni, proprio a giugno, del nuovo coordinatore cittadino e del gruppo dirigente: «Il partito deve strutturarsi».
Non a caso, nei piani di Ridolfo, che è anche sindaco di Ficarra, ad aprile si dovrebbe completare la direzione provinciale. Una risposta circa la tabella di marcia approntata è attesa a breve: «La mia proposta è stata accolta, per il momento, al 90 per cento. A giorni mi diranno se sarà possibile convocare l’assemblea provinciale, in modo da non lasciare il segretario da solo, a fare da parafulmine. Se non sarà possibile, mi dimetterò».
Ridolfo conclude, soffermandosi sulla fuoriuscita dei renziani: «Sono tutti d’accordo con la mia proposta. Hanno lasciato i coordinamenti a causa delle resistenze dell’area di Genovese». E dire che proprio il parlamentare, oggi a processo, caldeggiò la sua elezione a segretario, nell’autunno del 2013.
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