Paul e gli altri 800 irregolari della missione Speranza e Carità «Biagio Conte finora ha lavato la coscienza dei benpensanti»

«Di Paul, dentro la missione Speranza e Carità, ce ne sono centinaia». Maurizio Artale sa di svelare il segreto di Pulcinella, eppure si assume la responsabilità di dire quello che in tanti sanno ma che nessuno osa pronunciare. Ovvero che dentro la struttura di accoglienza creata da Biagio Conte molti dei migranti ospitati sono irregolari. «L’80 per cento» secondo la conferma di Riccardo Rossi, il comunicatore sociale della Missione, ovvero circa 800 persone. Il caso di Paul – il ghanese di 51 anni che da oltre dieci vive a Palermo e all’interno della Missione svolgendo in modo volontario la professione di idraulico. Ma si è visto recapitare un decreto di espulsione – che potrebbe essere dunque il primo di una lunga lista. Da undici giorni Biagio Conte sta effettuando un digiuno davanti alla piazza dedicata a Pino Puglisi, a Brancaccio, per sensibilizzare le autorità italiane a ritirare il provvedimento e fare in modo che l’uomo possa rimanere in città. 

«Biagio Conte è il santo laico di Palermo – dice Artale – Che lui tenga dentro mille potenziali irregolari lo sa tutto il mondo. Oggi stanno buttando fuori Paul non per colpa del decreto sicurezza, ma perché aveva un permesso di lavoro che gli è scaduto nel 2015. Non aveva cioè un permesso umanitario (quelli che il provvedimento voluto dal vicepremier Matteo Salvini ha fortemente assottigliato, ndr). Quello che mi chiedo io: ma è possibile che nessuno all’interno della missione Speranza e Carità si sia mosso per garantire a Paul un altro contratto di lavoro, in modo da avere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro? A Biagio manca cioè un ufficio legale che lo possa aiutare a supportare integralmente i migranti che accoglie».

Ma, appunto, il caso di Paul potrebbe non essere l’unico. Per questo il presidente del centro Padre Nostro, di fronte al quale Conte sta digiunando, lancia la proposta di un tavolo tecnico che metta insieme tutti coloro che sono scesi a fianco del missionario laico, «a partire dall’arcivescovo Corrado Lorefice e dal sindaco Orlando, per proseguire con la prefettura, che poi materialmente emana i decreti di espulsione, e noi del centro – dice Artale – Sicuramente la Missione avrà un elenco delle persone che sono lì dentro, con tutte le casistiche. Così da capire, caso per caso, cosa si può fare. Io credo ad esempio che se il prefetto avesse saputo che Paul stava da Biagio Conte forse quel decreto non lo avrebbe firmato».

La proposta di Artale, dunque, mira a uscire da una logica meramente assistenziale e dall’emergenza cronicizzata che l’indefessa opera di accoglienza del missionario laico ha in un certo senso messo a sistema. Tutti, cioè, sono consapevoli che quella della missione Speranza e Carità è un unicum che ha fornito negli anni un essenziale supporto a coloro che sono arrivati in città e che allo stesso tempo ha coperto le falle del mondo dell’accoglienza e dei servizi sociali offerti dal Comune. «Se Biagio Conte da un giorno all’altro fosse costretto a chiudere si creerebbe una vera e propria bomba a orologeria – fa notare Artale – Perché ci sarebbero mille persone senza un alloggio, senza documenti, in condizioni disperate. Biagio Conte lava la coscienza a tutti i benpensanti palermitani. Lui assiste, spara alto come quando ha digiunato di fronte le Poste per chiedere che si affrontasse il tema della povertà, ma poi ci vuole una politica che renda concrete le sue sollecitazioni».

La soluzione dunque, secondo il presidente del centro Padre Nostro, è quella di chiedere «un’interlocuzione seria al ministro degli Interni Matteo Salvini, perché la missione Speranza e Carità non è certo il cara di Mineo, ma è comunque potenzialmente esplosiva». E intanto Biagio Conte prosegue il suo sciopero della fame, giunto ormai all’undicesimo giorno. Il missionario laico ieri si è anche incatenato al palo della piazza Puglisi insieme a Paul, mentre le sue condizioni di salute continuano a peggiorare. Con lui c’è, come sempre negli ultimi anni, anche l’ex cronista napoletano Riccardo Rossi. Il comunicatore sociale della Missione conferma che «l’80 per cento delle persone ospitate sono nelle condizioni di Paul, mentre in Italia al momento sono 50mila i migranti irregolari che diventeranno 150mila con l’applicazione del decreto Sicurezza. Le nuove leggi c’entrano fino a un certo punto, perché il problema è la mentalità nei confronti di chi arriva. Quello che fa Salvini in maniera aperta veniva fatto anche prima in maniera sotterranea. Però certamente adesso stanno venendo a galla molte più cose, e gli invisibili vengono apertamente osteggiati».

Intanto del lato giudiziario della vicenda di Paul si occuperà l’avvocato Giorgio Bisagna, presidente dell’associazione Adduma (avvocati dei diritti umani) e che segue numerosi casi del genere. Paul infatti si è visto rigettare il rinnovo del permesso di soggiorno e notificare un decreto di espulsione: due atti separati e che comunque sono uno il presupposto dell’altro. Per questo motivo il legale sta preparando in questi giorni due ricorsi, uno al Tar sul diniego al permesso di soggiorno e uno al giudice di pace sul decreto di espulsione. «È il testo unico dell’immigrazione il problema – osserva Bisagna -, bisogna cioè risalire alle legge Turco-Napolitano. Dieci anni fa, cioè, sarebbe successa la stessa cosa. L’unica differenza rispetto a prima è che Paul avrebbe potuto fare una richiesta di asilo per motivi umanitari. Attualmente invece il permesso viene riconosciuto solo per rari casi». 

Andrea Turco

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