Per la prima volta a Paternò aprirà una mensa sociale, operativa dal prossimo primo ottobre. Si chiama La bisaccia del pellegrino ed è un progetto che vede la collaborazione tra enti pubblici, associazioni no profit e Caritas vicariale. Un protocollo d’intesa firmato dal sindaco Mauro Mangano e dall’assessore ai Servizi sociali Salvatore Galatà per l’amministrazione comunale paternese, da Alfredo Corsaro per l’Ipab Salvatore Bellia, da Nunzio Chirieleison, responsabile della Caritas vicariale, e da Antonio Arena, che sarà il coordinatore operativo della mensa.
Il servizio sarà realizzato in un locale messo a disposizione dall’Ipab in via Vittorio Emanuele 356, ex sede dell’associazione Famiglie di Terra santa. Sarà rivolto a tutti gli abitanti di Paternò che vivono in condizioni disagiate e a rischio di emarginazione. Tutti potranno consumare un pasto al giorno, nello specifico la cena. «Mi auguro che entro i primi dieci giorni di ottobre siamo operativi – dice padre Nunzio – Sono soprattutto 60 pasti caldi che offriremo ogni sera sette giorni su sette. Purtroppo rispetto al 2014 abbiamo avuto un incremento delle famiglie che chiedono aiuto alla Caritas. Sono aumentati i poveri, a un certo punto dell’anno sembrava che le cose stessero migliorando, ma in realtà non è stato cosi».
Possono ricorrere alla mensa sociale le persone indicati dagli uffici ai Servizi sociali del Comune di Paternò. «È assolutamente necessario che la città faccia propria questa iniziativa – dice l’assessore Galatà – Attraverso un’azione congiunta tra le parti. La speranza è che altre associazioni, ma anche singoli cittadini partecipino attivamente, assumendosi un impegno che sia concreto e duraturo». Anche Salvo Pappalardo, presidente dell’associazione di volontariato Apas Paternò, lancia l’allarme della crescente povertà: «Purtroppo le famiglie povere sono aumentate del 200 per cento – esordisce Pappalardo – La nostra associazione nel 2012 assisteva circa 40 famiglie. Adesso invece sono quasi 300 i nuclei familiari a cui diamo un auto concreto. Sono dati particolarmente difficili ed allarmanti. Se prima all’interno di una famiglia – prosegue – c’era un solo componente a lavorare, adesso invece, all’interno di un nucleo familiare non c’è più nessuno a portare soldi in casa».
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