Una festa dell’8 marzo del tutto insolita a Paternò, dove questa mattina, davanti all’ospedale Santissimo Salvatore, è stato organizzato un sit-in di protesta da parte delle associazioni di volontariato e dai componenti del comitato Pro ospedale. Non solo per ribadire la totale contrarietà alla chiusura del punto nascita, ma anche per iniziare a muoversi in difesa del nosocomio, poiché che il timore prevalente è quello di vedere in poco tempo l’ospedale fatto a pezzi e depotenziato. «Abbiamo presentato un ricorso al Tar», annuncia il primo cittadino Mauro Mangano. Ma nel corso della manifestazione un altro punto è stato sotto i riflettori: i lavori di ristrutturazione del corpo centrale dell’ospedale, costati circa dieci milioni, appaltati e, dopo una settimana dal loro avvio, bloccati. Perché il progetto sarebbe, il condizionale è d’obbligo, sbagliato. «Presenteremo un esposto in procura», dichiara Salvo Torrisi, senatore di Ncd. Visto che quei lavori hanno penalizzato fortemente la struttura, dato che una parte di piano terra, primo e secondo piano erano stati interdetti per consentire, in sicurezza, l’avvio dei cantieri, provocando di conseguenza una diminuzione dei posti letto disponibili. Per far ripartire la ristrutturazione, adesso l’Asp di Catania deve rifare progetto, gara d’appalto e aggiudicazione: per farlo ci vorrebbero almeno 17 milioni di euro. L’azienda ha a disposizione soltanto dieci milioni. Il resto si deve recuperare.
Stamattina a parlare e a esporre le proprie perplessità rappresentanti delle associazioni, operatori del settore della sanità, sindacati e semplici cittadini. Presenti anche deputati regionali e nazionali che hanno ascoltato nel silenzio più assoluto gli interventi della popolazione. «È stato chiuso il punto nascita ma vogliamo l’applicazione del piano sanitario – affermano i rappresentanti dei manifestanti durante il loro intervento – Vogliamo parlare con l’assessora Lucia Borsellino per capire realmente quando entrerà in vigore, visto che all’ospedale di Paternò venivano potenziati altri reparti. Chiediamo ai politici presenti di portare avanti, tutti insieme, la battaglia. Fidatevi della gente, dei cittadini». Gli interventi dei partecipanti sono stati precisi e ben strutturati: «Invito tutti a lottare per riprenderci la nostra identità – dice Nerina Palazzolo dell’associazione Mamme in comune – siamo qua per dire baste e non stare in silenzio». Anche la protezione civile, presente con Salvo Pappalardo dell’Anpas, fa sentire la sua voce: «Non possono toglierci la nostra storia. Dobbiamo farci sentire. Il Santissimo Salvatore non è solo di Paternò ma anche dei paesi limitrofi».
Duro il commento di Grazia Scavo, presidente di Città Viva, associazione di donne: «Mi chiedo dove sono oggi le future mamme (nessuna delle donne che avrebbero dovuto partorire a Paternò era presente, ndr). Anche se la colpa non la do a loro, ma ai medici che consigliano loro di partorire altrove». Significativo l’intervento di Barbara Caliò, una cittadina paternese la quale testimonia il disagio che la sorella incinta sta vivendo: «Ha avuto una minaccia di aborto meno di 48 ore fa e, purtroppo, non essendoci più il reparto siamo stati costretti ad andare velocemente a Catania. Ci hanno tolto il punto nascita, dopo cosa ci toglieranno?»
Sulla questione, il sindaco paternese Mauro Mangano dichiara: «Continueremo a difendere il diritto alla salute dei cittadini di Paternò, e lo faremo, come sempre, puntando ai fatti – afferma il primo cittadino – La Regione non è tornata indietro rispetto alla decisione di chiudere il punto nascite, adducendo il motivo che i parti realizzati a Paternò sono stati molto meno di 500, numero minimo stabilito per mantenerlo attivo. Abbiamo tentato di spiegare ai vari direttori generali che si sono succeduti che questi numeri non sono attendibili, ma sono falsati dal costante lavoro che i primari da alcuni anni hanno fatto per indebolire il nostro reparto. Purtroppo non abbiamo avuto ascolto. Ci è rimasta solo la strada dell’opposizione al Tar e la stiamo tentando, chiedendo la sospensiva, cioè sottolineando l’urgenza della decisione, che nell’impostazione precedente del ricorso non veniva evidenziata». «Basteranno pochi mesi per verificare che avevamo ragione – continua Mangano – Sappiamo che il punto nascita di Biancavilla non raccoglierà mai l’intera utenza di Paternò. Resterà un servizio dimezzato, una scelta sbagliata, un ennesimo spreco». Il senatore Salvo Torrisi, del Nuovo centro destra, intanto annuncia la volontà di presentare un esposto alla procura in cui si chiederà di fare chiarezza sul perché i lavori all’ospedale siano fermi: «Da tempo denuncio il fatto che gli stessi medici-ginecologici in passato abbiano invitato le proprie pazienti ad andare a partorire in cliniche private o negli ospedali di Catania».
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