Passante, Rfi chiede l’intervento dell’Anticorruzione Continua il braccio di ferro, si inserisce la Regione

Il braccio di ferro tra Rfi e Sis si fa sempre più animato. Dopo il blocco dei lavori al cantiere per la realizzazione del passante ferroviario di Palermo la tensione tra le parti cresce, tanto che le ferrovie, per nulla intenzionate a cedere alle richieste dell’azienda che si occupa della realizzazione della metropolitana, hanno deciso di diffidare Sis chiedendo l’intervento dell’Autorità nazionale anticorruzione. Il nodo della questione sta sempre nelle cifre: per Sis è necessario un centinaio di milioni di euro per potere colmare le perdite generate dall’aumento dei costi. Lievitati per via delle variazioni del prezziario regionale e delle somme spese per sistemare la situazione di vicolo Bernava, dove è stato necessario sgomberare diverse famiglie le cui abitazioni – poi espropriate – sono state compromesse dai lavori sotterranei per la realizzazione della linea ferrata. Quella che dalla stazione centrale porterà all’aeroporto di Punta Raisi, e proseguirà verso Trapani. Da par suo Rfi sarebbe disposta a trattare con l’azienda sulla base di non più di un quinto delle richieste. Da qui lo stop. 

Gli ispettori di Raffaele Cantone conoscono bene il cantiere, che hanno visitato lo scorso mese. Si tratta di una delle opere pubbliche più imponenti degli ultimi anni a Palermo, che già nel 2012 si era dovuta fermare a causa della revoca temporanea della certificazione antimafia alla Sis. Una vicenda da cui però l’azienda è uscita pulita. Le paure che hanno spinto Rfi a chiedere la diffida sono legate a una presunta intenzione speculativa da parte dell’azienda. Paura condivisa anche dalla Regione, che si è inserita nella serie frenetica di incontri tra le parti. L’assessore alle Infrastrutture, Giovanni Pistorio, ha infatti ricevuto nel pomeriggio di ieri Roberto Pagone e Filippo Palazzo, rappresentanti della sezione investimenti di Rete ferroviaria spingendo per il rispetto dei tempi contrattuali per la realizzazione dell’opera e appoggiando la scelta di ricorrere all’Anac. «Pur trattandosi di tensioni contrattuali tra Rfi e la Sis alle quali la Regione è estranea, in quanto soltanto ente finanziatore che ha già erogato le somme di propria spettanza, – dice Pistorio – questo contenzioso ha comunque elementi preoccupanti per l’interesse pubblico che ci impongono di intervenire». Un ingresso a gamba tesa nei confronti di Sis. Qualora infatti si dovessero riscontrare «inadempimenti contrattuali o iniziative meramente strumentali finalizzate al perseguimento di interessi speculativi, ed Rfi attivasse la procedura di rescissione in danno» l’assessore si è impegnato a proporre alla giunta «la costituzione in giudizio dell’amministrazione regionale per tutelare il legittimo interesse pubblico». 

E poi ci sono i lavoratori. La forza lavoro si è già dimezzata a settembre, quando Sis ha reso effettivo il licenziamento di circa 250 dipendenti annunciato prima dell’estate, ufficialmente perché il cantiere si avviava verso il completamento. Attualmente sono 280 gli operai ancora impegnati, che adesso temono per il proprio futuro. Anche loro sono stati coinvolti nei tanti tavoli allestiti e hanno annunciato un corteo di protesta dalla sede dell’azienda fino alla prefettura il prossimo venerdì, corteo subito revocato dopo la convocazione di un vertice in prefettura proprio per il 3 novembre. Gli operai temono di essere usati come scudo all’interno della trattativa. «Ci aspettiamo che da questo tour de force arrivino buone notizie – dice Paolo D’Anca, sindacalista della Filca Cisl Palermo-Trapani – Per questo siamo sempre stati disposti a revocare lo sciopero in qualsiasi momento. Sia chiaro, noi pensiamo solo alla realizzazione dell’opera, non siamo lo strumento di nessuno e a nessuno deve anche solo venire in mente di strumentalizzarci». Se tuttavia le tanto attese buone notizie non dovessero arrivare, la Regione ha già messo le mani avanti. «In caso di risvolti traumatici – aggiunge Pistorio – andranno attivate tutte le forme di garanzia dei lavoratori sia attraverso l’utilizzazione della cassa integrazione sia mediante la clausola di salvaguardia, nell’ipotesi in cui si dovesse procedere con un nuovo affidamento contrattuale». Oltre agli operai del cantiere, a pagare lo stop dei lavori sono anche i dipendenti delle tante aziende dell’indotto. Proprio ieri è stata firmata infatti la cassa integrazione per i lavoratori della cava di Billemi, che aveva come unica commessa quella della Sis. Una situazione di crisi che coinvolge anche altre ditte del circondario, oltre che i fornitori del materiale edile necessario per mandare avanti il cantiere. 

Gabriele Ruggieri

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