Parla il giovane che ha subito l’aggressione omofoba  «Era un adulto, l’ho già riconosciuto dalle telecamere»

«La cosa che mi fa più male è che non sia riconosciuta l’aggravante per la discriminazione sessuale». Fiore Cantone è il 22enne, studente di Lingue all’Università di Catania, che è stato aggredito in via Umberto sabato notte. Oltre a quella sui suoi profili social, il giovane ha subito presentato una denuncia formale alle forze dell’ordine e, tramite i filmati delle telecamere di videosorveglianza della zona che gli sono state mostrate, ha anche già riconosciuto l’uomo che ha tentato di colpirlo con un cacciavite. «È un adulto, avrà tra i 40 e i 50 anni – ricostruisce il giovane a MeridioNews – e, da quello che mi hanno riferito gli inquirenti, non sono stato la sua sola vittima: in passato è già stato denunciato anche da altre persone». E, anche per lui, originario di un paese in provincia di Siracusa, quella dei giorni scorsi non è la prima violenza subita. Pure quella risalente ai tempi dell’adolescenza, quando era ancora uno studente di scuola superiore, è da ricondurre a questioni di discriminazione di identità di genere e orientamento sessuale. Fiore, oltre a essere omosessuale è anche aroace.

«Una parola inglese utilizzata per indicare persone asessuali e aromantiche, sia come termine ombrello (che comprende entrambe le definizioni, ndr) che per intendere uno solo dei due orientamenti. Io sono soltanto aromantico», spiega al nostro giornale il 22enne che da tempo si impegna come attivista Lgbtqia+, in particolare su quelle che riguardano gli orientamenti che subiscono ancora maggiori discriminazioni. Forse, anche per ignoranza in senso letterale, ovvero mancanza di conoscenza. «Ed è proprio per questo che spesso le nostre sono oppressioni invisibili – analizza il giovane – In termini tecnici si parla di afobie per indicare le discriminazioni subite da persone appartenenti allo spettro aroace». 

«Ho sempre saputo sin da piccolo di essere omosessuale – racconta – mentre per avere consapevolezza del mio essere aromantico ci è voluto un po’ più di tempo. Ho fatto coming out quando avevo 16 anni». Ed è proprio questo il periodo in cui Fiore subisce la prima aggressione. «Un gruppo di miei coetanei studenti al liceo hanno provato a spaccarmi una bottiglia di vetro in testa», racconta. Un attacco fisico e, insieme, verbale con offese dirette sempre alla sua identità sessuale. «Forse anche qualcosa in più visto che ricordo ancora che mi diedero del “malato” affermando che avevo un “blocco mentale“», ricostruisce il giovane che, in quella occasione, non aveva denunciato quanto accaduto. «Ancora oggi mi mangio le mani per non averlo fatto – sottolinea – L’unico aspetto positivo è che poi molti vennero fino a casa mia, in alcuni casi anche accompagnati dai genitori, per chiedermi scusa. In alcuni di loro – aggiunge – ho visto del pentimento vero per quello che avevano fatto in branco». 

Una situazione completamente diversa, insomma, rispetto a quella vissuta qualche giorno fa. Quando, mentre stava camminando da solo per una delle strade del centro del capoluogo etneo per tornare a casa, dal finestrino abbassato di un’auto grigia qualcuno lo osserva. Poi accosta bruscamente e, con la scusa di chiedere indicazioni stradali, scende dalla macchina. È un uomo adulto che ha in mano un cacciavite affilato che prova a usare per pugnalarlo. Probabilmente un tentativo di rapina non andato a segno perché il ragazzo ha reagito difendendosi. «Dopo che l’ho colpito, ha cominciato a offendermi dicendo che “a Catania i froci siete troppi“». A fare inquadrare il 22enne come persona non eterosessuale, sarebbe stata la presenza nello zaino di spille e portachiavi Lgbtqia+. «Se ci fosse già il Ddl Zan (il disegno di legge presentato dal deputato del Pd Alessandro Zan per intervenire sul due articoli del codice penale inserendo accanto alle discriminazioni per razza, etnia e religione già contemplate anche quelle per sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità, ndr) avrei potuto denunciare quelle aggravanti. Le discriminazioni che noi subiamo – conclude Fiore – non possono essere considerate di serie B». 

Marta Silvestre

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