Parla il figlio di Totò Riina: “Mio padre non è stato tradito da Provenzano”

Chi, nel 1992, ha tradito il capo dei capi dell mafia, Totò Riina? Chi l’ha fatto arrestare? Di certo non è stato Bernardo Provenzano. Ad affermarlo è Giuseppe Salvatore Riina, figlio del Capo dei Capi di Cosa nostra siciliana.

In un’intervista rilasciata al settimanale Oggi il terzogenito di Totò Riina spiega: “No. Assolutamente no. Sicuramente ha fatto comodo a qualcuno dirlo”. A qualcuno, insomma, ha fatto comodo dire che a tradire Riina era stato Provenzano. (a sinistra, Giuseppe Salvatore Riina, fot tratta da leggo.it)

A questo punto il giornalista chiede: allora chi è stato a tradirlo? “Non lo so – risponde Salvatore Riina -. Ma non è stato Provenzano. Erano amici. Mio padre non ha mai creduto in un suo tradimento. Non ci crede lui e non ci credo io”.

Suo padre -riprende il giornalista – ha affermato che il giudice Paolo Borsellino sarebbe stato ucciso da uomini dello Stato e non dalla mafia. Risposta del figlio di Riina: “Se lo ha detto avrà avuto i suoi buoni motivi”.

Il discorso scivola sulle indiscrezioni circa un presunto tentativo di suicidio di Provenzano e un suo possibile pentimento. Commenta Giuseppe Salvatore Riina: “Comprensibile, forse, la prima notizia: un uomo anziano e malato in regime di 41-bis che decide di togliersi la vita. Dell’altra non penso niente, ci sarebbe da riflettere su altro: perché far trapelare la notizia?”.

Il figlio di Totò Riina parla anche del suo desiderio di vedere il padre: “Non vedo mio padre da dieci anni. Non lo tocco da venti. Di lui so che sta male, che è stanco, malato. Ha il Parkinson e un cuore malandato. Vorrei abbracciarlo, certo, ma so che lo farò solo quando sarà morto”. (a destra, foto di Totò Riina tratta da liliumjoker-liliumjoker.blogspot.com)

Giuseppe Salvatore Riina parla del padre: “Ama la musica – dice – le canzoni di Claudio Villa. Mi ha insegnato a rispettare gli altri… perché non è l’uomo descritto dalle cronache giornalistiche o dalle sentenze, ma un padre affettuoso, pieno di attenzioni e di principi. A mio padre piaceva cucinare, curare il suo orto e le sue piante. In tutte le case che abbiamo avuto c’è sempre stato un giardino e un pollaio: mio padre ci passava le ore fra galline e conigli. Amava gli animali. Ci sono sempre stati cani e gatti in casa nostra”.

Il figlio del capo dei Capi della mafia annuncia la decisione di scrivere un libro. “Sono stato considerato un appestato, esiliato da Corleone, volevano cacciarmi anche da Padova. Hanno cercato di infangare anche chi mi ha aiutato. Con questo libro ho cercato di mostrarmi per quello che sono. Di svelare particolari della mia vita. Non sono il boss prepotente e sbruffone che hanno dipinto. Sono un uomo che vuole riappropriarsi della sua vita. Anche se mi chiamo Riina”.

Redazione

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