Parla ex adepto della setta dell’arcangelo Capuana «Visto come San Michele. Baci in bocca? Normali»

«Sono preoccupato». Sono le parole che Matteo – nome di fantasia – usa con maggiore insistenza per descrivere quello che prova. «Preoccupato» per il ritorno sulla scena, compresa quella online, dell’associazione guidata dall’arcangelo Pietro Capuana. Il santone finito in carcere, e recentemente tornato libero, perché accusato dalla procura di Catania di abusi sessuali su alcune minorenni. Le stesse che frequentavano l’Associazione cattolica cultura ambiente. Matteo per quasi dieci anni ha partecipato ad assemblee e ascoltato le locuzioni tenute da Capuana nel cenacolo di Lavina. Adesso ha deciso di raccontare la sua esperienza a MeridioNews. L’obiettivo? «Voglio che tutti sappiano come funzione quel gruppo».

Come ha fatto ad entrare nella setta?
«Era il 1992, avevo 18 anni. Sono andato alla chiesa di Lavina insieme alla mia famiglia, in un periodo a livello personale particolarmente difficile. Avevo poche amicizie e sentivo la mancanza di un lavoro. In quell’occasione ho conosciuto padre Stefano Cavalli e la realtà del gruppo che faceva riferimento all’associazione. Ricordo che alcuni iscritti si impegnavano nei turni d’accoglienza in chiesa. Se vedevano un volto nuovo subito lo avvicinavano per spiegare in cosa consisteva il loro operato».

Dopo cosa succede?
«Lascio indirizzo di casa e numero di telefono, così poco dopo vengo ricontattato per fissare un incontro nella mia abitazione di Catania. In quest’occasione mi viene donato anche il libro l’Io dell’essere. In cambio mi chiesero un contributo libero in denaro».

Di preciso che si faceva nell’associazione?
«L’obiettivo prioritario era il riavvicinamento alla messa. Poi le attività di volontariato nelle famiglie, con gli ammalati negli ospedali e all’interno delle case di riposo. Distribuivamo sacchi della spesa con generi di prima necessità, facevamo apostolato casa per casa per fare conoscere le nostre attività e si organizzavano anche diversi momenti conviviali. Era un luogo abbastanza aperto in cui si viveva nel culto assoluto di San Michele Arcangelo».

Quando vide per la prima volta Pietro Capuana?
«Un ragazzo con cui avevo legato mi disse che c’era una persona che parlava di “alta filosofia“. Ma non tutti potevano partecipare ai momenti carismatici che lui teneva all’interno del cenacolo ogni giovedì sera».

Arriva anche per lei il momento di assistere a queste assemblee?
«Esatto. Ci riunivamo in un corridoio lungo e stretto, alla fine del quale c’era sempre Capuana e, con lui, disposti in una sorta di semicerchio, le persone ritenute più vicine. Tra queste ricordo Candida Fassiolo, Fabiola Raciti, Rosaria Giuffrida e Katia Scarpignato (le ultime tre indagate, ndr). A un certo punto scendeva un silenzio totale e un responsabile leggeva un passo del vangelo. Poi toccava a Capuana, in un’atmosfera surreale, fare la propria locuzione».

Perché stavate ad ascoltarlo?
«Era molto carismatico e le persone del gruppo venivano toccate nei loro punti deboli. C’era un lavoro psicologico lento che poi si è trasformato in un vero e proprio plagio».

Durante questo rito si andava oltre le righe? Si sapeva qualcosa dei presunti abusi?
«Si conosceva la storia dei turni a casa di Capuana ma non ho mai saputo niente di specifico. C’è da dire però che Capuana era sempre circondato da ragazzine. Si diceva che lui reggesse il peso delle spirito di tutti i componenti del gruppo e la presenza di donne e ragazze serviva ad alleviare il suo operato».

E le feste? Quando si tenevano e cosa accadeva?
«Si organizzavano spesso al cenacolo. Ricordo un capodanno in cui donne e ragazze andavano verso Capuana. Si creava un clima di euforia e lo baciavano in bocca».

Non si è mai fatto qualche domanda?
«No, perché quel momento sembrava tutto normale e senza nessuna malizia. Capuana in quegli attimi non veniva considerato un uomo ma la vera e propria reincarnazione di San Michele Arcangelo».

Uno dei lati che ha contraddistinto l’associazione è stato il forte legame con la politica. Come e perché funzionava?
«Tutto nasceva da Capuana. La prima cellula politica era stato il Movimento cristiano nuova democrazia. Poi, in una riunione, ricordo che Mimmo Rotella rese pubblica la sua scelta di scendere in campo. Di suo Capuana disse che “il progetto di Mimmo era quello di Dio nella politica”. Durante le elezioni si vivevano giornate di forte stress anche perché dovevano essere contattate tutte le persone di nostra conoscenza per i voti. In generale direi che si poteva contare, come associazione, su un pacchetto di migliaia di preferenze. Ma i vantaggi erano solo per coloro che erano vicini a Capuana».

Perché a un certo punto decide di lasciare?
«Era il 2000 e avevo 26 anni. La mia vita era diventa impossibile con forti contrasti nella mia famiglia. L’esperienza nell’associazione mi aveva prosciugato».

L’allontanamento è stato indolore?
«Quando il gruppo percepisce che ti stai allontanando reagisce togliendoti il saluto. Ti fanno sentire un estraneo costringendoti ad andare via. In generale quando qualcuno andava via si diceva che era stato tentato dal demonio e tal punto da avere smarrito la strada maestra».

Adesso come vive il ritorno dell’associazione?
«Ho una forte preoccupazione. Ritengo che sia giusto che tutti sappiano delle dinamiche che ci sono all’interno del gruppo. Anche perché le persone che ci sono adesso sono le stesse del passato».

Dario De Luca

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