Paretine in plexiglass nei ristoranti della fase due? Cottone: «È un’idea, giusto confrontarsi e prepararsi»

Paretine in plexiglass 50×50 centimetri da apporre tra un tavolo e l’altro o, all’occorrenza, anche al centro di uno stesso tavolo, a seconda dei commensali che si ritrovano a condividere il pasto. «Può sembrare un’idea anomala, lo comprendo, non siamo abituati a entrare in un ristorante e a vedere divisori in plastica. Ma almeno, in mezzo a tante incertezze e incognite, è un’idea». Antonio Cottone, presidente di Fipe Confcommercio Palermo e titolare, insieme ai fratelli Marcello e Roberto, del ristorante La Braciera, un’eccellenza del settore premiata con i prestigiosi spicchi del Gambero Rosso, sta cercando di darsi da fare, malgrado la parentesi buia imposta a moltissime attività dall’emergenza sanitaria. «Ci sono persone che sono state tutelate, ma altre no – spiega -. Qualcuno ha potuto prendere la cassa integrazione, ma l’11 maggio poi passa e dopo che succede? Alle aziende stanno dando 600 euro, e poi? Con quelli purtroppo non riesco neppure a pagare l’affitto del locale».

«Non sono uno di quelli che si piange addosso – dice subito a MeridioNews -. Lo Stato può aiutarmi solo fino a un certo punto? Va bene, io posso provare allora a farmi venire qualche idea, industriandomi per potere pagare i 45 dipendenti, finita la cassa integrazione e mettermi in moto, in qualche modo, per riattivare tutto. Posto che ad oggi nessuno ci ha detto “riaprirete così, dovrete fare così, oppure in quest’altro modo” e allora uno lavora di conseguenza». Da qui l’idea messa a punto insieme a Sergio Rocca dell’azienda palermitana Visiva Marketing Tools, che già da giorni sta elaborando soluzioni pratiche ed efficaci per fronteggiare l’emergenza Covid. «Il plexiglas è costoso ma è sicuramente per caratteristiche tecniche il materiale migliore per la realizzazione di barriere parafiato – spiega – e per separare i tavoli di ristoranti, uffici e locali commerciali. Abbiamo messo a punto soluzioni autoportanti sia da tavolo che da terra, per permettere di delimitare le aree, con un basso impatto in termini visivi e senza deturpare l’immagine del locale stesso. Se la richiesta cresce, potrà esserci anche un abbattimento dei costi ».

«Stiamo cercando di organizzarci – torna a dire -, brancoliamo nel buio, nel senso che non sappiamo come vivere e di che morte morire. Buio per buio, perché non farci venire intanto qualche idea? Neanche a me piace l’idea di sedermi con una paretina divisoria accanto, ma è comunque una ipotesi per ripartire. Nel senso che intanto se ne può almeno parlare, confrontandoci, discutendo le ipotesi in ballo e come metterle in pratica nel miglior modo possibile». Uno scenario, quello delle paretine in plexiglass, che ovviamente dipende da quando le persone potranno nuovamente uscire liberamente e quando anche le attività come i ristoranti potranno riaprire. Tutte incognite, al momento. «Per ora si è ipotizzato di riaprire bar e ristoranti nel mese di giugno, ma non c’è nulla di certo. Parliamo di oltre un mese pieno ancora così, è follia».

«Al di là della data, proviamo intanto ad attrezzarci per garantire al cliente che vorrà uscire a mangiare una pizza un servizio sicuro. Il cliente magari potrebbe portare con sé un’autocertificazione da mostrare ai gestori per dimostrare di non essere positivi, di non essere casi sospetti, di vivere con le persone con cui vogliamo goderci un pasto fuori – suggerisce ancora -. In questo modo si solleva anche il gestore dalla responsabilità, assumendotela tu cliente. Ci sono tante cose di cui si potrebbe già parlare, confrontandoci chiaramente per capire quale sia meglio attuare e come, in modo da sapere come muoverci». Oltre a mascherine e guanti, che Antonio Cottone immagina anche nella fase due, si potrebbe quindi tenere conto di questa paretina divisoria tra tavolo e tavolo dell’altezza di circa un metro e trenta/cinquanta, l’altezza media di quando si è seduti.

«Un’idea che abbiamo immaginato come funzionale e pratica, va sviluppata, è chiaro, ma serve anche per dare un minimo di risposta alle tante persone che chiedono “ma come dobbiamo fare?”. Capisco che all’inizio ci saranno circospezione e qualche paura da vincere, ma per lo meno idee come queste permetterebbero di lavorare, con un investimento che si aggira sui 350 euro che uno può anche decidere di rischiare, non è una spesa da perderci il fatturato, costa di più un affitto». L’idea in questi giorni era già stata lanciata, con qualche perplessità, per gli stabilimenti balneari. «Chi legifera è tenuto a interpellare le categorie coinvolte – osserva ancora Antonio -. Speriamo che intanto si possa quanto meno discutere della ripresa e del ritorno alla normalità di tutti. Noi ci stiamo già provando».

Silvia Buffa

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