Parco Selinunte, lavori per illuminazione ma la sera si chiude Da sette anni la Regione non paga gli straordinari ai custodi

A Selinunte, della ricostruzione del Tempio G sognata da Vittorio Sgarbi non c’è più traccia. Evaporata insieme alla breve parentesi del critico nella giunta di Nello Musumeci. C’è invece, in dirittura d’arrivo, un’opera più semplice: la creazione di un nuovo percorso con illuminazione che dalla biglietteria porta al Tempio di Era, quello conservato meglio. È il primo intervento che si realizzerà con i soldi dello stesso ente, che da circa due anni ha ottenuto l’autonomia finanziaria: gli incassi dei biglietti, cioè, anziché andare alla Regione rimangono al Parco. Ma in realtà nessuno potrà godersi il fascino delle colonne doriche illuminate dopo il tramonto, perché il parco di Selinunte chiude alle 19

Non ci sono i soldi per pagare gli straordinari ai custodi. E così un investimento da circa 130mila euro rimarrà in larga parte sottoutilizzato. Già, perché i soldi dei biglietti non possono essere usati per pagare gli straordinari ai dipendenti. Per quelli ci deve pensare la Regione che da sette anni non riesce, o non vuole, istituire l’apposito fondo. Motivo per cui i 51 custodi rimasti (nel 2000 i dipendenti erano un centinaio) quest’anno non hanno dato la disponibilità a essere presenti oltre i propri turni di lavoro, visto che negli ultimi sette anni lo hanno fatto sostanzialmente gratis. E sono pure entrati in stato di agitazione. 

«Saremmo capaci di pagarli noi – spiega il direttore del Parco, Enrico Caruso – ma una legge assurda non ce lo consente. Quando furono istituiti i parchi archeologici, nel 2000, a quello di Agrigento fu dato il titolo primo che concede anche l’autonomia nei pagamenti dei dipendenti, a tutti gli altri, compresi noi, no. Un paradosso legislativo che ci impedisce di far funzionare a pieno regime questo meraviglioso sito». A questo si aggiunga che non si assume nuovo personale dagli anni ’80 e che oggi, a detta del direttore, «siamo largamente sotto organico perché 51 persone, senza contare i permessi, sono pochissimi per una superficie di 300 ettari. E in media – aggiunge – tre all’anno vanno in pensione senza essere sostituiti». Così si è dovuto ridurre il numero di punti d’ingresso, coi turisti costretti a percorrere distanze lunghissime per visitare i vari templi. E non solo. I dipendenti per legge non possono essere a lavoro per più di un terzo dei giorni festivi dell’anno, domeniche comprese. Oltre questo tetto serve la loro disponibilità che, alla luce dei ritardi, non c’è stata. «In estate saremo quindi costretti a chiudere alcune domeniche», precisa Caruso. 

Una boccata di ossigeno sarebbe potuta arrivare dall’avvio dei servizi aggiuntivi: cioè l’affidamento a un privato, come già avviene in diversi beni culturali siciliani, di biglietteria («liberando così sei nostri dipendenti – precisa il direttore – e avendo allo stesso tempo anche personale a contatto con i turisti che sappia parlare diverse lingue»), bookshop e vendita online. Ma la gara, bandita nel 2010, ha avuto numerosi stop tra sospensioni e ricorsi alla giustizia amministrativa. Recentemente, a otto anni dalla pubblicazione del bando, il Consiglio di giustizia amministrativa ha dato ragione all’associazione temporanea di imprese prima arrivata, la Munos , che dovrebbe a breve partire con le attività. 

Tra le quali, in un prossimo futuro, potrebbe esserci anche la commercializzazione, sotto il marchio del Parco archeologico di Selinunte, di grani antichi, lenticchie e ceci. Già, perché all’archeologia l’ente vuole adesso associare la botanica e ha siglato una convenzione con l’università di Palermo e con il consorzio regionale Bollatore. L’obiettivo è proteggere e promuovere le piante endemiche che fanno parte della storia del paesaggio locale. «Esemplari che si trovano solo qui a Selinunte e che fanno parte del paesaggio agrario, un tutt’uno con i templi che non può essere cancellato».

Nel frattempo vanno avanti anche le campagne di scavi, grazie al lavoro del professore Clemente Marconi che ha portato studenti dell’università statale di Milano e della New York university, i due atenei in cui insegna. «La sinergia – spiega l’archeologo – ha consentito di aprire una nuova area di indagine tra il Tempio R (il più antico ndr) e il Tempio C. Abbiamo scavato scendendo fino alla fase di fondazione di Selinunte, nel terzo quarto del VII secolo a.C. Nello scavo di quest’anno resta da scavare parte di questa fase di fondazione più la fase pregreca, che in base ai nostri scavi precedenti risale in quest’area dell’acropoli fino al principio del secondo millennio a.C. In più, abbiamo definito l’area di una seconda trincea da scavare quest’anno, tra la fronte posteriore del Tempio R e le fondazioni del Tempio C, quest’ultimo il più importante edificio sacro di Selinunte in età arcaica». Inoltre a settembre inizierà la campagna degli archeologi tedeschi, mentre continua invece la missione di studio geomorfologico dell’Università di Camerino. Un parco più che mai vivo che attende solo gli strumenti per essere valorizzato al meglio.

Salvo Catalano

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