Parchi e aree protette, il futuro tra soldi e meno burocrazia L’idea di Federparchi: «Sentieri naturalistici a pagamento»

Quattro parchi regionali, 74 riserve naturali, sette aree marine protette e un parco nazionale. Basterebbe questo elenco per capire le potenzialità di cui dispone la Sicilia. Un patrimonio ambientale in cui salvaguardia e valorizzazione non sempre camminano di pari passo, spesso alle prese con problemi vecchi di trent’anni e con una politica che ha trasformato i vari enti in un terreno di conquista per nomine e incarichi. Dopo una lunga serie di commissariamenti, cominciati nel 2018 per volontà del presidente della Regione Nello Musumeci, anche la Sicilia da qualche giorno si è dotata di un suo coordinamento all’interno di Federparchi, la federazione, con sede a Roma, che riunisce e rappresenta gli enti gestori delle aree. Il nuovo presidente è Angelo Merlino, vertice del parco delle Madonie.

Il resto del direttivo è composto da Salvatore Console, direttore dell’area marina delle Egadi, Salvatore Gabriele, presidente del parco nazionale di Pantelleria e Gianfranco Zanna di Legambiente Sicilia. Carlo Caputo, presidente del parco dell’Etna, è stato invece integrato all’interno del consiglio direttivo nazionale della federazione. Fatta la squadra bisognerà trovare un modulo efficace per farla rendere in campo con l’obiettivo di intercettare finanziamenti e personale da arruolare in nome di una fruizione generale del territorio che potrebbe portare anche a un ritorno economico a beneficio della collettività. «Con dei sentieri naturalistici a pagamento offriremmo migliori eco-servizi e, forse, un biglietto d’ingresso bloccherebbe anche quei fruitori meno rispettosi della natura», spiega Angelo Merlino durante il programma di Radio Fantastica-RMB Direttora d’aria. Una posizione che potrebbe fare sobbalzare qualcuno dalla sedia ma che, secondo le intenzioni del presidente, punta a trovare nuove strade per la tutelare le aree protette in Sicilia.

«Dobbiamo cercare delle soluzioni ed essere bravi a intercettare i soldi – continua Merlino – Un esempio, forse banale, è quello che vede il parco delle Madonie vincitore di un progetto nell’ambito di un programma Erasmus. Questo ci ha dato la possibilità di incassare una cifra di circa 180mila euro che permette di ospitare le persone che fanno parte di altri parchi, scambiando con loro buone pratiche provenienti da altre realtà». Il polso della situazione in Sicilia lo ha ben chiaro anche Francesco Cascio, presidente del Club alpino italiano nell’Isola. Al centro di tutto ci sono sempre i soldi. «L’esigenza, per il coordinamento di Federparchi, deve essere quella di dotare la Sicilia di una adeguata copertura finanziaria – spiega Cascio – C’è una gestione non funzionale. Il governo regionale ogni anno ha difficoltà a inviare risorse per tutelare il territorio». Basti pensare alla questione incendi, con i roghi che ogni estate devastano la Sicilia ma che continuano a essere affrontati in emergenza. 

Il problema però non è solo finanziario. I parchi e le aree protette devono fare i conti con un’organizzazione complessa che li obbliga ad avere rapporti con decine di enti. Prendendo l’esempio dell’Etna c’è la prefettura che si occupa dell’accesso alle quote sommitali e i Comuni che gestiscono le loro porzioni di territorio. «In Regione abbiamo presentato la proposta, che è ferma da un anno, e che riguarda l’istituzione dell’Agenzia regionale delle aree naturale protette – spiega Cascio – Sarebbe un unico soggetto chiamato a fare una riorganizzazione complessiva». Sul punto il neo-presidente di Federparchi Sicilia però non è del tutto d’accordo. «Si può intervenire ma bisogna farlo sulle competenze di ogni parco – spiega – trasformandoli in organismi che si occupino a 360 gradi del proprio territorio». La macchina c’è, bisogna metterla in moto. 

Dario De Luca

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