Palermo, spesi 500mila euro per trasferire i cani randagi «Spreco di denaro pubblico, intervenga la Corte dei Conti»

È costato 500mila euro il trasferimento dei cani randagi dal Comune di Palermo in altre strutture fuori dalla città. E l’anno scorso, per lo stesso motivo, sono stati spesi 400mila euro. La denuncia è del consigliere comunale di Italia dei Valori, Filippo Occhipinti, che ormai si sta guadagnando il ruolo di Bastian contrario dell’Amministrazione comunale del capoluogo siciliano. Dice Occhipinti: «Più volte ho chiesto di trovare soluzioni efficaci e meno costose al problema del randagismo a Palermo, facendo di tutto per trovare una casa a ogni cane ospitato al canile comunale. Questa amministrazione invece continua ad adottare interventi tampone e assai costosi».

Il consigliere comunale, che è anche il capogruppo del suo partito a Sala delle Lapidi, critica l’ordinanza con la quale l’amministrazione di Palazzo delle Aquile ha predisposto il trasferimento in alcune strutture della Provincia dei cani randagi. In effetti, da tempo di parla di incentivare le adozioni. In occasione del dibattito sulla Tasi, è stato proposto di ridurre questa tassa alle famiglie che avrebbero adottato un cane randagio, con controlli periodici da parte dell’amministrazione.

«Invece oggi assistiamo all’ennesimo spreco di risorse pubbliche o di scarsa capacità gestionale – sottolinea ancora Occhipinti -. Sono stati spesi oltre 500mila euro per spostare gli animali ospitati al canile di Palermo in altre strutture fuori città. Che, sommati ai 400mila dello scorso anno, sfiorano il milione. Non era meglio incentivare le adozioni, spendendo meno? Un cane alle casse del Comune di Palermo costa circa mille euro l’anno. L’agevolazione proposta ammonta, mediamente, a 300 euro per ogni animale adottato».

«Delle due l’una – conclude il consigliere comunale -: o ci sono altri motivi sotto, o siamo davanti a un caso di incompetenza e mala gestione delle risorse dei cittadini. In entrambe i casi è necessario valutare, carte alla mano, l’intervento della Corte dei Conti». 

Redazione

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