Palermo e la notte dei Sepolcri con “Suor Maria Mercede” che prega

Sarà un effetto ottico, ma la suggestione e la sensazione di partecipare a un evento straordinario c’è ed è tanta. Nessuno in Via delle Cappuccinelle al Capo, quartiere storico di Palermo, crede che sia una vera apparizione.  Ma un’intera popolazione si è ritrovata ugualmente sotto la bifora del campanile da dove “Suor Maria Mercede” si è puntualmente manifestata, fantasma o non fantasma, monaca reale o meno, a pregare per la notte dei Sepolcri, vigilia del Venerdì Santo, da sempre molto sentita a Palermo. Tutte le chiese della città sono aperte per accogliere i fedeli a pregare alla vista dei “lavureddi”, gli addobbi della Settimana Santa che preludono alle manifestazioni religiose di piazza, e invitano alla preghiera, alla meditazione, pur nel mezzo della folla.

Quest’anno c’è un’aria particolare. La si respira un poco ovunque, non solo per l’elevazione al soglio papale di Francesco, ormai amato da tutto il mondo e apprezzato anche dai non credenti per il suo fare semplice, il suo parlare coinvolgente e i suoi occhi buoni. Ma anche perché, a Palermo c’è quella suora, quella “monaca”, alla quale s’inizia a dare un nome: Suor Maria Mercede, dal nome di quella chiesa conosciuta solo dai palermitani fino a una settimana fa, tra stradine e piazze da sempre sporche e povere, dimenticate dal mondo dell’efficienza economicista, e che tutte assieme  vanno sotto il nome di “Il Capo”.

E Suor Maria Mercede il suo piccolo miracolo lo ha già fatto: ha riportato i palermitani di tutti gli altri rioni, di tutti i ceti sociali, di tutti i credi politici, a raccogliersi assieme in quel quartiere troppo spesso abbandonato a se stesso. In quella parte di Palermo Antico che molti non conoscono bene perché quasi off-limits, come uno “ZEN” storico, un “ghetto” fin dalle sue origini di lottizzazione seicentesca per i veri poveri della Storia. Un pezzo del centro storico pieno di vita e di tesori d’arte, ma anche pieno di storie di povertà, di problemi sociali atavici, presenti da sempre, e che si aggravano da sempre.

Ieri notte, serata, dei sepolcri, il Capo è stato la capitale di Palermo capitale siciliana, dove ancora la fede cristiana riempie le chiese e guarda a un Papa figlio d’emigrati come a un proprio figlio. Il figlio o il nipote di uno dei tanti, troppi, emigrati che nelle generazioni passate si sono risolti a partire per le Americhe.

E allora, Suor Maria Mercede è sembrata vera. Tanto vera da essere realmente adottata come tale dai palermitani e nella maniera che solo noi nati nella Conca d’Oro sappiamo manifestare: con l’autoironia  la semplicità, l’accoglienza, la poesia di strada della nostra cantilena di vita d’ogni giorno.

L’autoironia, quando Mario,  uno dei curiosi venuto a verificare di persona dell’esistenza della Suora, dice “S’a vitti puru iu, ca sugnu menzu cecato, e puru con l’occhiale sbagliato, idda c’è. Vera è”. (Se l’ho vista pure io, che ci vedo malissimo, e per giunta con gli occhiali sbagliati, allora c’è. E’ vera.”). E Rosa, che lo ascolta, scoppia in una risata irrefrenabile, anche perché lei, che ci vede benissimo, ancora non l’ha potuta vedere. Oppure Gianfranco, molto più pragmatico, che afferma: “E un gioco di luci, sicuro. Però fa senso lo stesso. Non lo so perché”.

Una ragazza bionda e carina ha un piccolo cannocchiale e non riesce a negarlo ai vicini, così che passa decine di volte di mano in mano, sconvolgendo chiunque riesca a porre gli occhi su di esso per osservare. Sì, perché c’è un punto preciso, su via delle Cappuccinelle, sotto il sagrato sopraelevato di Santa Maria della Mercede al Capo, da dove la suora che prega si vede benissimo. E tutti si affollano in quel punto, sempre con la massima cortesia, e con i commenti più vari. “E’ proprio tridimensionale” commenta un altro.  E ancora: “Se non sapessi che è un gioco di luci, ombre, intonaco e campana, direi che fussi vera. Precisa, precisa è!”, s’abbandona un altro.

“Ma si viri veru?”. “Vero, vero, ci giuro, ci giuro!”. “E’ che c’è la campana, le stoffe, qualche cosa… Però è proprio una monaca! Non c’è dubbio! Ma lo hanno fatto apposta? Boh!”. E ancora qualcuno si chiede “Ma forse è la suora-fantasma del Teatro Massimo qui vicino, che si è spostata al Capo?”. “Oppure una sua parente”, risponde un altro. “Ma perché, quella del Massimo non appare più? Che l’hanno sfrattata?”. “Di sti tempi… può pure essere!”. Eh sì, perché a Palermo, Suor Maria Mercede non è la sola suora da leggenda. C’è quella del Massimo e ce ne sono altre. Alcune probabilmente ancora da scoprire, per Palermo e il mondo intero.

E mentre noi palermitani commentiamo, tra il serio e il faceto, tra il religioso e l’irriverente, Suor Maria Mercede rimane là, a pregare. Sembra sporgersi ancora un poco, fuori dalla finestra… e sembra anche in un posto leggermente diverso da quello in cui l’abbiamo vista nelle foto pubblicate dai giornali e su internet. Come se volesse dire “Guardate che mi sposto, altro che gioco di luci, pregate insieme a me, pregate per i poveri del Capo, per i poveri di Palermo, per i poveri a cui si rivolge il nuovo Papa”.

Nelle foto: la “suora che prega” dal campanile (tratta da www.nibiru2012.it) e un’immagine della luna nella notte dei sepolcri di ieri sera a Palermo (foto di Cettina Baldanza)

Palermo, al Capo il fantasma di una suora sotto il campanile

Gabriele Bonafede

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