Palermo 2017, Cracolici o Ferrandelli? I dem alla ricerca dell’uomo giusto

Leoluca Orlando sarà sindaco di Palermo sino al 2017. Poi, all’alba dei suoi settant’anni, deciderà sul da farsi. Potrebbe ancora persino correre per un secondo mandato dei tempi recenti, dopo essere stato il primo cittadino dal 1985 al 1990, con la Democrazia cristiana, e dal 1993 al 2000. Un record, lungo trenta anni, posto che nel 2007 Orlando trovò anche il tempo di essere sconfitto da Diego Cammarata, mancando il suo terzo mandato di elezione diretta. Si rifece nel 2012, a seguito delle primarie difettose, un vizio antico del Partito democratico, con Fabrizio Ferrandelli, che, dopo essere stato scelto dal popolo dei gazebo, finì col soccombere nel duello con l’attuale sindaco di Palermo il quale, sottraendosi alle stesse primarie, vinse poi d’esperienza, sfiorando l’affermazione al primo turno. 

La Palermo dell’Unesco e del tram, delle contraddizioni insuperabili, dell’antimafia a misura di spot, degli eterni precari e dei dopolavoristi di complemento nelle portinerie degli assessorati della Regione siciliana, delle periferie dimenticate e delle scommesse mancate, sceglierà l’eventuale erede dell’attuale presidente dell’Anci Sicilia. Uno che, comunque, non darà vantaggi a nessuno e sceglierà solo alla fine se farsi da parte o meno. Provando ad immaginare una Palermo senza “il sindaco che lo sa fare” come recitava lo slogan della sua fortunata campagna di tre anni e mezzo fa, chi cercherà di prenotare l’opzione giusta è certamente il Pd a vocazione maggioritaria renziana. Con i grillini lanciatissimi nella corsa per la poltrona di palazzo d’Orleans, ma che certamente troveranno un candidato per provare a vincere nella quinta città d’Italia, i Dem dovranno mettere sul campo un nome fortissimo

D’ispirazione popolare, volto noto, sufficientemente abile ascendere in campo nelle borgate, ma apprezzato nei salotti, secondo il copione un po’ provinciale, ma sperimentato e vincente a Palermo. Quanti sono nel partito di maggioranza relativa all’Ars che hanno questi requisiti? Non moltissimi. Due di questi sono certamente Antonello Cracolici e Fabrizio Ferrandelli. Il primo è il capogruppo all’Ars del Partito democratico. Nel sequel del rimpasto infinito alla Regione, studia da assessore con delega forte, possibilmente all’Agricoltura, e nella scorsa primavera fu stoppato in sede di candidatura nella corsa per un seggio a Strasburgo. È un personaggio non semplice, ma di sicuro peso specifico. Uno dei big

Il secondo, dopo avere incassato la batosta del 2012 nella corsa a sindaco, è stato autore di un affermazione importante alle Regionali, cinque mesi dopo, arrivando terzo, con 7906 voti, 523 dietro allo stesso Cracolici (8429). Componente della commissione regionale Antimafia si è dimesso in piena estate dal parlamento regionale siciliano, una scelta quasi senza precedenti, nel bel mezzo del caso Tutino, quando sembrava che per la legislatura fossero gli ultimi giorni di Pompei. Un gesto audace e di orgoglio secondo alcuni, una furbata andata male, secondo altri. Ha fondato il movimento de I Coraggiosi e per alcuni sarebbe un candidato accreditato di chance contro i pentastellati da inseguire nella lotta per la Presidenza della Regione. 

Distaccato, ma con notevole esperienza politica, il primo, capace di grandi affondi, istintivo, il secondo e apprezzato per l’approccio generoso che talvolta tende al populismo. Sarà battaglia dentro il Pd, ci saranno le primarie? Chi sarà il terzo incomodo? Quale scenario complessivo potrà privilegiare l’uno o l’altro. Cracolici è nato nel 62, Ferrandelli nell’ottanta. Entrambi accarezzano l’idea. Il primo dissimulando in silenzio, il secondo non ne fa mistero. Il primo è un suggeritore apprezzato nel partito, il secondo è mal sopportato e fa tavole rotonde con Claudio Fava e Pietrangelo Buttafuco sull’Autonomia da cancellare. Cracolici e Ferrandelli, due nomi da non bruciare, da preservare per la corrida per cui manca ancora tanto tempo. Destinati in ogni caso ad essere protagonisti.

Giuseppe Bianca

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