Nel
2017 era un’opera che addirittura rischiava di essere pronta ancora prima del termine fissato dal contratto. Due anni dopo, almeno per il momento, il palazzo di cemento è l’ennesima incompiuta.
Per passare da simbolo di abusivismo e malaffare a «torre della legalità», prendendo in prestito le parole dell’ex sindaco Enzo Bianco, ci vorrà ancora del tempo. I lavori nel cantiere procedono a rilento. L’ultima novità è, infatti, l’ennesima proroga per la conclusione del cantiere. Il nodo al fazzoletto è già fissato per il 30 settembre. Due mesi esatti. E a non andare in porto sono pure le penali. Quelle che l’assessore ai Lavori pubblici Pippo Arcidiacono aveva intimato sarebbero arrivate a fine luglio. «Non faremo sconti a nessuno – aveva assicurato a fine febbraio l’assessore a MeridioNews – e non accetteremo più nessuna scusa per i ritardi nella consegna di quanto previsto dal contratto», considerato anche che una proroga è già stata concessa alla ditta la scorsa estate per i problemi con i pagamenti da saldare da parte del Comune. Adesso, luglio sta finendo ma i lavori di recupero e riqualificazione della struttura al numero civico 3 di viale Moncada a Librino non ancora.
«Abbiamo concesso
l’ultima proroga con scadenza perentoria il 30 settembre – dice Arcidiacono – Non oltre, perché altrimenti applicheremo delle penali severe e la ditta non credo proprio vorrà incappare in questo rischio». Alla base della lentezza con cui sono andati avanti i lavori negli ultimi mesi ci sarebbe una insufficienza di manodopera. «Nell’ultimo periodo – sostiene l’assessore – però la ditta ha implementato, anche se non di molto, il numero dei lavoratori per procedere più speditamente». In realtà, però, stando a quanto riferisce Domenico Murabito, segretario organizzativo della Filca Cisl Catania, «i lavoratori sono sempre quelli ma a essere aumentato è il numero degli operai delle ditte in subappalto che si stanno occupando di questa fase dei lavori di finitura. In ogni caso, la situazione non è delle migliori e ci sono ancora seri problemi con i pagamenti degli stipendi arretrati».
Ex centrale dello spaccio – che si è spostata nell’edificio di fronte – in mano alla
famiglia mafiosa degli Arena, il palazzo di cemento – con i suoi 52 metri d’altezza per 16 piani – risale agli anni Ottanta ed è passato, nel tempo, da simbolo del degrado del quartiere dormitorio della periferia sud-est della città ad auspicato emblema della legalità. La ditta che, adesso, ha in mano l’appalto è la Salvatore Coco, con sede a Paternò. Gli operai stanno lavorando nei piani alti per ristrutturare i 96 alloggi da destinare ad abitazioni popolari. Per i piani inferiori dell’edificio che, nel progetto iniziale dell’opera – redatto dall’architetto Giacomo Leone – sarebbero dovuti essere destinati a uffici e sedi di associazioni, al momento non c’è una destinazione precisa.
La
torre di cemento è stata realizzata, nel 1981, dall’imprenditore Francesco Finocchiaro ritenuto uno dei quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa da Pippo Fava, il giornalista ucciso dalla mafia nel gennaio del 1984. Nel progetto iniziale, i primi due piani sarebbero dovuti essere diventare uffici e sedi di associazioni. Gli altri, come è rimasto anche adesso, sono invece destinati ad alloggi popolari: sei per ogni piano, per un totale di 96 abitazioni da assegnare ad altrettanti nuclei familiari con graduatoria pubblica. «Nell’attesa della consegna dei lavori – conclude l’assessore Arcidiacono – stiamo già lavorando anche sul fronte della gestione della consegna degli alloggi a persone che vivono in situazioni di emergenza abitativa e che hanno subito degli sfratti».
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