Palazzo Bernini, dormitorio per disperati Lavori in corso per impedire nuovi accessi

Lavori in corso al palazzo Bernini. A distanza di due anni dallo sgombero di 200 persone dal grande immobile di proprietà del Comune, tornano gli operai. Nuovamente per impedire l’accesso ai senza tetto che, secondo le lamentele dei residenti, sarebbero tornati a occupare l’edificio. «Siamo intervenuti per evitare che questo luogo possa essere ancora oggetto di un utilizzo improprio, spiega Fiorentino Trojano», assessore ai Servizi sociali. Il costo dell’operazione, a carico del Comune, è di 17mila euro.

Era il luglio del 2012 quando l’amministrazione dell’ex sindaco Stancanelli sgomberava circa 200 persone, per lo più famiglie rom con molti bambini, di origine bulgara. Molti di loro avevano preferito palazzo Bernini alle baracche di corso Martiri della libertà. In quell’occasione furono murati gli ingressi al piano terra, ma evidentemente non è bastato per impedire a nuovi disperati di trovare un accesso.

«Anche adesso secondo noi continua ad esserci qualcuno», spiega uno degli operai a lavoro. Ma dai balconi non si intravede nessun segno, nessun vestito appeso o oggetti lasciati a vista. Ad eccezione di un cavo della luce che entra attraverso un foro sulla parete esterna. L’intervento consiste nel collocare delle reti metalliche che impediscano l’accesso agli spazi interni dove sono piantati alcuni grandi alberi. E’ da lì che i nuovi inquilini di palazzo Bernini si sarebbero arrampicati, riuscendo ad entrare nell’edificio dal primo piano. «Evitiamo ingressi in acrobazia, attraverso alberi e scale», spiega Trojano. L’assessore tuttavia non sa quante sono le persone che dormono nel palazzo, né si è pensato ad un’alternativa. «Prima di completare la sigillatura, faremo un sopralluogo con la polizia», precisa.

Palazzo Bernini, comprato nel 1999 per destinarlo a uffici comunali, è uno degli immobili che la vecchia amministrazione Stancanelli ha inserito nella lista degli edifici da vendere. Per due volte è stato messo all’asta, nel primo caso a poco più di 7 milioni di euro, l’ultima a 4 milioni, ma in entrambe le occasioni non è stata presentata nessuna offerta. Inoltre da cinque anni l’immobile, su cui grava il pignoramento da parte dei creditori del Comune, è affidato a un curatore giudiziario. «Verificherò se tra questi creditori, ce ne sono alcuni che sono stati pagati con i fondi del Dl 35. Fino a quando però l’immobile non tornerà in gestione al Comune, non potremo essere noi a stabilire il prezzo di base d’asta. Comunque il mercato immobiliare in questo momento non aiuta», conclude l’assessore. Così l’edificio resta regno del degrado: i soffitti pericolanti, rifiuti ed escrementi che coprono le aree d’ingresso, cornicioni pendenti e pareti bucate.

Salvo Catalano

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