Palaspedini, identificazioni quasi concluse 140 migranti destinati al Cara di Mineo

Hanno passato un giorno e una notte all’interno palasport di piazza Spedini, per farsi identificare dalle forze del’ordine. Questa la soluzione adottata, ancora una volta, per i circa duecento migranti sbarcati ieri al porto di Catania, recuperati nel canale di Sicilia dalle navi militari impegnate nell’operazione mare nostrum. Sono 179 uomini e 19 donne, provenienti dall’Africa subsahariana, e molti di loro, circa 140, sono stati destinati al Centro per l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo di Mineo, all’interno del quale attenderanno il riconoscimento eventuale dello status di rifugiato. Le operazioni di identificazione, iniziate già a bordo della nave della marina militare Espero, sono infatti state quasi del tutto concluse. Un primo pullman è quindi partito da Catania alla volta della cittadina del calettino intorno alle 14, e un secondo intorno alle 16, ora intorno alla quale almeno cinquanta migranti erano ancora ospito della struttura. «Mancano ancora delle identificazioni da effettuare, ma difficilmente resterà qualcuno a dormire qui questa notte», riferisce un agente di polizia, di turno all’esterno dell’impianto sportivo.

L’interno del Palaspedini, intorno alle ore 16e30

Una sistemazione imprevista quella del Palaspedini, in quanto il nuovo piano d’accoglienza presentato dal Prefetto lo scorso 17 ottobre prevedeva un’altra destinazione: una ex caserma dei carabinieri a Fontanarossa. Non disponibile, secondo quanto dichiarato da Rosaria Giuffré, dirigente dell’area immigrazione della Prefettura, a causa della «mancanza delle utenze», ovvero acqua e luce. Una circostanza che questa mattina è stata oggetto di una conferenza stampa della Rete antirazzista catanese, proprio nella piazza antistante lo stadio e il palasport. «La struttura, una ex caserma dismessa, non è adeguata ad ospitare tutte queste persone», dichiara Alfonso Di Stefano, membro del gruppo di cittadini, militanti politici e mediatori culturali che compone la Rete. Di Stefano che, oltre a denunciare il divieto d’accesso alla struttura, parla di una «accoglienza fatta su materassi in gomma, con la gente costretta a dormire sui gradino di un palasport». «Non si tratta di una emergenza, ma un problema da affrontare con strutture adeguate», continua l’attivista. Che non risparmia critiche contro l’operazione militare mare nostrum. «E’ la prima operazione svolta con i droni, veicoli militari senza pilota, della quale Sigonella è ormai la base principale », conclude Di Stefano.

Redazione

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