Pachino, propositi di uccidere il giornalista Borrometi «Fallo ammazzare, ogni tanto un murticeddo serve»

«Fallo ammazzare, ma che c…. ci interessa. Ogni tanto un murticeddu vedi che serve». Sono queste le parole intercettate durante un dialogo fra il boss di Pachino Salvatore Giuliano e Giuseppe Vizzini, arrestato oggi, insieme ai suoi due figli, con l’accusa di essere responsabile dell’attentato intimidatorio ai danni dell’avvocata Adriana Quattropani. A finire nel mirino sarebbe stato il giornalista Paolo Borrometi, direttore del quotidiano La Spia e collaboratore dell’agenzia di stampa Agi. È l’8 gennaio, Vizzini parla del cronista ingiuriandolo come «su lurdu» (che in senso lato significa infame). A esprimere il proposito di ucciderlo è invece il boss Giuliano, cui Vizzini è legato per vicinanza al clan e anche per affari imprenditoriali che vedono i rispettivi figli, Gabriele Giuliano e Simone Vizzini, titolari dell’impresa agricola La Fenice che, attiva dal 2013 nel settore della produzione ortofrutticola, recentemente è stata espulsa dal Consorzio di tutela del pomodoro di Pachino Igp

«Lo so – risponde Giuliano – ma questo perché non si ammazza? Ma fallo ammazzare». Vizzini poi allude ancora a Borrometi in una intercettazione ambientale captata dalle forze di polizia il 20 febbraio. «Picca n’avi», (ovvero «poco ne ha») dice parlando con i suoi due figli e commentando le parole di Giuliano che, forte dei suoi legami con il clan Cappello di Catania, stava organizzando una eclatante azione per uccidere il giornalista. «Vedi, ti ho minacciato di morte – scrive il gip Giuliana Sammartino nell’ordinanza che ha portato ai quattro arresti di oggi, riportando le parole di Vizzini – Ormai siamo attaccati da un giornalista, droga, estorsione, mafia, clan, quello, l’altro…»

«Se sballa… se sballa che deve succedere, picciotti. Cosa deve succedere! Succederà l’inferno – dice Giuseppe Vizzini ai suoi due figli – Mattanza per tutti e se ne vanno. Scendono una decina, una cinquina, cinque, sei catanesi, macchine rubate, una casa in campagna, uno qua, uno qua… La sera appena si fanno trovare, escono… dobbiamo colpire a quello – si legge nell’ordinanza – Bum, a terra! Devi colpire a questo, bum, a terra! E qua c’è un iocufocu (fuochi d’artificio, ndr). Come c’era negli anni ’90, in cui non si poteva camminare neanche a piedi… Ogni tanto un murticeddu vedi che serve, c’è bisogno, così – conclude Vizzini – si darebbero una calmata tutti gli sbarbatelli, tutti i mafiosi, malati di mafia!». 

Marta Silvestre

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