Mentre il Comando di via Dogali è nella bufera, travolto dalla maxi indagine “anti assenteismo” della procura di Palermo, coordinata dai pm Daniela Varone e Francesco Del Bene, con 84 tra vigili urbani e dipendenti della ex partecipata comunale Coime indagati, nella Palermo che aspira a diventare punto di riferimento di un turismo sempre più internazionale si inserisce una storia tra il grottesco e l’ordinario. Una storia a misura della Palermo dell’Unesco, accaduta qualche tempo fa in una città semi deserta e quasi vuota. Nei pressi di un ipermercato in centro aperto tutto il giorno.
Davanti l’ingresso delle porte automatiche, nella fila di destra dei parcheggi, un segnale di zona rimozione. Arriva una macchina bianca piccola e comoda da parcheggiare. Potrebbe andare da qualsiasi altra parte, i posti ci sono, ma finisce nel bel mezzo del divieto. Scendono dall’auto due cinesi distratti. Una coppia di turisti. Niente macchine fotografiche a tracolla, né videocamere, solo passi veloci e rapidi sorrisi di cordialità. Non spiccicano ovviamente una parola d’italiano, né la comprendono. Mi aggiro dentro il supermercato svogliato, devo prendere tre cose e ne cerco centomila. Sarà l’aria condizionata che dà refrigerio. Giro e mi ritrovo sempre i cinesi accanto. Uno e due sfilano da una parte all’altra dei corridoi.
Sopra, nello stesso momento, arriva una macchina dei vigili urbani, una di quelle che deve fare giustizia nelle sfide all’Ok Corral del parcheggio palermitano. Di fronte alla zona rimozione giustamente non c’è immunità diplomatica o di ruolo, è la nuova frontiera della democrazia, la spina dorsale del nostro vivere in società. È giusto. La verità del resto non muta continuamente, ha bisogno di segni semplici. Questo lo sanno pure i cinesi che, giù, si trovano lontano dalla zona degli avvisi. «Chi ha la macchina in zona rimozioneee? Ci sono i vigiliii». Dalle casse l’avviso piomba neutro, senza suono. Non è una tacita convenzione, neanche un rito scaramantico, magari un modo per fare un poco di movimento, questo sì, uscendo dai blocchi e salendo le scale velocemente. I cinesi si guardano perplessi, ma continuano, ignari, nel loro giro alla ricerca di birra artigianale e cibo biologico.
Faranno altri due o tre giri a vuoto, pagando alla cassa con la faccia della cortesia, prima di salire. Arrivano sopra e non trovano nulla. Per fortuna non hanno il tempo di pensare male. Nessuno l’ha rubata la macchina. Che poi i turisti vanno in giro nel mondo a dire che a Palermo rubano le macchine. Si avvicina un vigile urbano cortese e disponibile. Sta ancora sfogliettando e armeggia con il blocchetto. In fondo si vede il carro attrezzi che svolta a destra. Ci vorranno ottanta euro per recuperare il mezzo, più la multa da pagare. Si cerca qualcuno che parla inglese. Bisognerebbe tradurre, dire, spiegare. Il vigile, giustamente indica il segnale, come l’arbitro il dischetto del rigore. Guardo perplesso la scena. Mi dico tra me, i vigili non sono avversari che preferiscono agire di nascosto, non c’è arbitrio. E magari mi rassicuro. Evito però ugualmente di guardare in faccia i cinesi. Care costano le birre artigianali a Palermo, penseranno andando via. Che fortuna per me non conoscere l’inglese.
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