Il dito sulla piaga lha messo il Corriere della Sera con un articolo a firma di Aldo Grasso. Un attacco pesante, dove si accusa Leoluca Orlando di non essersi ancora dimesso da parlamentare nazionale di Italia dei Valori. In effetti, una recente sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito, senza ombra di equivoci, che i Sindaci di medie e grandi città non possono svolgere, contemporaneamente, il ruolo di parlamentare (cosa, questa, che vale anche in Sicilia, Regione a Statuto speciale che elegge ogni 5 anni 90 parlamentari che non possono svolgere, contemporameamente, il ruolo di Sindaco di città medie e grandi).
Allattacco del Corriere, Orlando ha replicato che la polemica sollevata è, in realtà, una tempesta in un bicchiere dacqua. Perché lui ha già detto che si dimetterà nei termini di legge previsti. Il termine previsto è il prossimo 9 luglio, giorno in cui giurerà davanti al nuovo Consiglio comunale di Palermo. Se questo giuramento sta avvenendo così in ritardo, ha aggiunto Orlando, ebbene, questo è dovuto al tempo che si è perso per la rilettura dei verbali relativi alle elezioni dei nuovi 50 consiglieri di Sala delle Lapidi. Insomma, lascia capire il Sindaco di Palermo, se ci sono voluti due mesi per fare insediare il nuovo Consiglio comunale, beh, la responsabilità non è sua.
In questa storia qualcuno ci vede anche un atteggiamento della casta, che non ha mai accettato di buon grado la sentenza della Corte Costituzionale. In effetti, in Sicilia, cè voluto un voto dellArs per schiodare dalla poltrona di deputato di Sala dErcole il Sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca. Mentre lattuale Sindaco di Marsala, Giulia Adamo, dellUdc, continua a svolgere il doppio ruolo di deputato regionale e primo cittadino. In questo caso c’è una mezza giustificazione: poiché nessun cittadino di Marsala ha fatto ricorso contro la Adamo, costringendola ad optare tra il ruolo di Sindaco e quello di deputato, la stessa Adamo si tiene le due poltrone, visto che al 28 luglio – almeno così si dice – lArs si dovrebbe sciogliere anticipatamente.
Alla fine, in Sicilia, l’unico parlamentare che la lasciato subito la poltrona di parlamentare non appena eletto Sindaco di Misterbianco, grosso centro alle porte di Catania, è Nino Di Guardo, del Pd. Onore a lui.
Tornando a Palermo, va detto che la vicenda Orlando è la spia di un malessere che non sfugge agli osservatori attenti. La città, a due mesi dallelezione del nuovo Sindaco, è ancora senza bilancio. Il vecchio Consiglio comunale si è guardato bene dallapprovarlo. Lasciando la ‘patata bollente alla nuova assemblea di Sala delle Lapidi che si insedierà, come già detto, il prossimo 9 luglio.
Il Comune di Palermo vive uno dei momenti più drammatici della propria storia. La vecchia amministrazione ha lasciato in eredità alla nuova amministrazione un buco di bilancio che, con molta probabilità, è maggiore dei circa 530 milioni di euro accertati fino ad ora. E un dato, questo, che se non appare nei conti è, però, nei fatti. Vediamo il perché.
Il capoluogo dellIsola, nel 2000, poteva contare su circa 10 mila dipendenti, ed erano già troppi. Con la passata gestione decennale di Diego Cammarata i dipendenti del Comune – diretti e indiretti (mettendoci dentro, cioè, tutti i precari stabilizzati negli uffici del Comune e nelle società partecipate dallo stesso Comune) – sono raddoppiati, diventando 20 mila. A questi si sommano gli oltre mille e 800 dipendenti della Gesip, società comunale creata nel 2001 da Cammarata.
Di fatto, il Comune di Palermo si ritrova con circa 22 mila dipendenti e con le casse vuote. E non è facile, in queste condizioni, gestire un Comune. Servirebbe la solidarietà del Governo nazionale. Su questo fronte Orlando può contare solo sul rapporto diretto con Mario Monti, perché i tre partiti che sostengono lattuale Governo nazionale – Pdl, Pd e Udc – non dovrebbero essere molto disponibili verso la nuova amministrazione di Palermo. Anzi.
In ogni caso, il Governo Monti – verso il quale Italia dei Valori, il partito di Orlando, è allopposizione – non è un esecutivo nato per erogare solidarietà, ma per sistemare i conti: cosa, questa, che la Regione siciliana ha già verificato a proprie spese (di fatto, la Regione è in dissesto finanziario non dichiarato).
Orlando, insomma, ha iniziato ad amministrare una città in condizioni difficilissime. Con tre partiti – Pdl, Pd e Udc – che a Roma come a Palermo non gli faranno sconti. Non saranno certo i leader nazionali e regionali di questi tre partiti ad andare da Monti per chiedergli solidarietà per Palermo.
In tutto questo Orlando ha già cominciato a commettere qualche errore. Forse lerrore non è suo, ma di uno dei suoi assessori, Tullio Giuffrè, personaggio che non deve essere un profondo conoscitore delle norme e delle consuetudini che regolano la vita degli enti locali. Altrimenti avrebbe evitato – anche, anzi soprattutto per una questine di bon ton – di parlare in nome e per conto del Consiglio comunale di Palermo che, come già accennato, non si è ancora insediato.
Giuffè, in un momento di estasi, ha annunciato che non ci saranno più pass per le corsie preferenziali per assessori comunali e consiglieri comunali. E giusto che la giunta comunale decide per sé; un po meno giusto che prenda la decisione per i Consiglieri comunali. Sarebbe stato piò crretto – da parte dellassessore Giuffrè – attendere linsediamento del nuovo Consiglio comunale ed adottare la decisione insieme con la nuova assemblea di Sala delle Lapidi.
Ultima domanda: lo sa, lassessore comunale Giuffrè che il presidente della Regione siciliana, gli assessori regionali, i presidenti delle commissioni legislative dellArs e i dirigenti generali della Regione viaggiano sulle auto blu? Vale anche per loro il divieto di percorrere le corsie preferenziali di Palermo?
La domanda non è peregrina. Sarebbe un po comico, infatti, inibire le corsie preferenziali di Palermo agli amministratori della città, mentre politici e alti burocrati regionali continuano a utilizzarle. O no? E se anche a loro lutilizzo di tali corsie preferenziali è stato inibito, come mai la cosa non è stata resa nota?
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