Le chiamano Usca: unità speciali di continuità assistenziale. E altro non sono che i medici di base che potranno occuparsi di fornire assistenza ai pazienti Covid-19. Non a tutti: al piccolo esercito di positivi al nuovo coronavirus che non ha bisogno di ricovero ospedaliero e che sta tentando di liberarsi dal contagio nella propria abitazione, in quarantena domiciliare obbligatoria. Le Usca sono state istituite dalla Regione siciliana il 26 marzo, in ottemperanza a un decreto legge del governo nazionale. Da lunedì, però, anche a Catania partirà il coordinamento provinciale, che dovrà metterle in condizione di svolgere i loro compiti.
A guidarle sarà Pino Liberti, l’infettivologo dell’ospedale Cannizzaro di Catania andato in supporto al Gravina di Caltagirone a seguito del contagio di diverso personale sanitario del presidio calatino. Incluso uno dei vertici del reparto di Malattie infettive. Da lunedì, però, il medico rientrerà in servizio poiché guarito (sono stati effettuati due tamponi, a distanza di 24 ore, entrambi con esito negativo) e Liberti, già consulente dell’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, anziché tornare nel reparto del Cannizzaro, presterà servizio per conto dell’Asp di Catania.
La convenzione tra le due aziende (Cannizzaro e Asp) è stata firmata ieri e prevede il prestito non solo di Liberti ma anche di Mario Raspagliesi, al quale è stato affidato il polo Covid-19 dell’ospedale Maria Santissima Addolorata di Biancavilla. Secondo il protocollo d’intesa, i due saranno in servizio all’Asp dal 6 aprile al 31 maggio 2020. I termini, però, sono «prorogabili previo accordo tra le parti».
Secondo quanto previsto dalle direttive regionali, le nuove Usca saranno operative sette giorni su sette, dalle 8 alle 20, e ce ne sarà una ogni 50mila abitanti. Ad animarle saranno i medici di continuità assistenziale, quelli che frequentano corsi di specializzazione in medicina generale e, «in via residuale, laureati in Medicina e chirurgia abilitati e iscritti all’ordine di competenza». A Catania alla fine dell’organizzazione del lavoro dovranno essere 22 e i locali in cui saranno istituite non potranno essere accessibili al pubblico.
A loro toccherà l’assistenza domiciliare dei pazienti positivi al Covid-19, ma anche dei sospetti già in isolamento e di coloro che si rivolgono al proprio medico curante con sintomi compatibili con l’infezione da nuovo coronavirus. I dottori riceveranno una scheda con le informazioni raccolte dal triage e poi programmeranno gli interventi. Nei casi che lo rendessero necessario, a loro spetterà anche il compito di decidere del ricovero di pazienti le cui condizioni di salute, durante l’isolamento, dovessero peggiorare.
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