Operazione Scarface,17 rinviati a giudizio Alla sbarra anche latitante Nuccio Mazzei

Tutti a processo. Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Catania Francesco D’Arrigo ha rinviato a giudizio 17 persone ritenute dagli inquirenti appartenenti al clan mafioso dei Mazzei. Al vertice dell’organizzazione ci sarebbe Sebastiano, detto Nuccio, Mazzei, attualmente latitante. Il figlio di Santo u Carcagnusu, storico padrino dell’ala oltranzista di Cosa nostra detenuto al carcere duro dal 1992, sfuggì all’operazione Scarface delle fiamme gialle dell’aprile 2014. Il blitz si concretizzò dopo le attività svolte nell’ambito di un’altra indagine nei confronti della famiglia mafiosa dei Santapaola, denominata Reset, recentemente arrivata alle condanne nel processo di primo grado.

Le accuse contestate a vario titolo agli imputati sono quelle di associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, estorsione e bancarotta fraudolenta. Proprio per quest’ultimo reato in sede di udienza preliminare era stato chiesto il patteggiamento, respinto dal giudice D’Arrigo. Nella lista degli imputati c’è William Alfonso Cerbo, balzato alla cronaca per l’ammirazione verso Tony Montana, il protagonista del film Scarface di Oliver Stone interpretato da Al Pacino. All’interno di una sala da gioco gestita dall’uomo gli investigatori trovarono un trono in pelle nera. Una copia, fatta a regola d’arte, proprio sul modello di quello utilizzato nella pellicola cinematografica. Le sfarzose manie si allargavano anche al progetto per la realizzazione di una villa di lusso con archi e colonne. Le scale, chiedeva Cerbo all’architetto, «le voglio come quelle di Scarface». Richieste identiche a quelle di Walter Schiavone, boss dei casalesi che negli anni ’90 si fece costruire una villa a Casal di Principe identica a quella del gangster cubano di Miami.  

Sotto la lente d’ingrandimento è finita anche una rete di società e di presunti prestanome su cui aveva concentrato i suoi affari il boss Nuccio Mazzei tramite la famiglia Cerbo. Nella lunga lista ci sono tanti noti locali della movida catanese coma la discoteca Bho, che poi cambiò nome in Moon, e il 69 Lune. Il locale venne intestato fittiziamente per metà delle quote alla Meta Harmony srl di Letteria Di Paola – moglie di Ivano Francesco Cerbo –  entrambi rinviati a giudizio con l’aggravante di «aver favorito le attività illecite dei Carcagnusi». Discorso identico per Klizia Cerbo. A suo nome per «eludere le misure di prevenzione in materia patrimoniale» William e Francesco Cerbo secondo gli inquirenti, avrebbero intestato il 50 per cento delle quote sociali di un’altra azienda, la Edil Mascara srl.

Un capitolo tutto suo è quello che riguarda il luogotenente della guardia di finanza Francesco Caccamo. Originario di Palermo ma in servizio al momento dell’arresto nel gruppo di Catania. Il militare, secondo il quadro accusatorio, si sarebbe attivato per passare una serie di informazioni riservate su alcune attività di controllo che dovevano riguardare svariati esercizi commerciali dell’orbita Mazzei. Dalla panineria Na Za Rosa – gestita dalla suocera dell’imputato Carmelo Panebianco – fino al lido Moon Beach, poi finito sotto sequestro insieme a beni per un valore complessivo di 65 milioni di euro. Da tenere ordinati, nei periodi indicati, c’erano la documentazione contabile e fiscale oltre al consiglio di «fare sempre ricevute e scontrini». In cambio Caccamo avrebbe ricevuto, secondo gli inquirenti, il comodato d’uso gratuito di un appartamento, ma anche regalie varie come un tablet e ingressi gratuiti alla discoteca e al lido. Qui il luogotenente aveva anche la «facoltà di consumare a suo piacimento e senza limiti bevande dal bar». Tutto gratis.

La presunta contiguità con i Carcagnusi tuttavia non è l’unico problema del luogotenente con la giustizia. Insieme ad altri quattro colleghi è già sotto processo perché finito al centro di un troncone d’indagine collegato all’operazione Scarface. Le accuse contestate in questo caso sono di rifiuto di atti d’ufficio, falso ideologico, peculato, violenza privata e calunnia. 

Dario De Luca

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