Omicidio Scarso, parla l’avvocato del 18enne indagato «Arso vivo? Versione eccessiva, hanno spento fiamme»

«Dire che il signor Scarso è stato arso vivo non è corretto». Le parole sono di Giampiero Nassi, l’avvocato difensore di Andrea Tranchina, uno dei due presunti omicidi dell’anziano siracusano, morto a dicembre dopo essere stato aggredito all’interno della propria abitazione la notte dell’1 ottobre. Quando, secondo la ricostruzione degli inquirenti, Tranchina, 18 anni, entrò nella casa dell’uomo in via Servi di Maria insieme a Marco Gennaro, 20 anni. I due avrebbero sorpreso nel sonno la vittima, che da un po’ di tempo era diventata vittima dei loro atti di bullismo, gettandogli addosso del liquido infiammabile e appiccando il fuoco. Entrambi sono stati arrestati poco dopo il decesso e da allora si trovano in carcere. Tranchina a Siracusa, Gennaro a Civitavecchia, dopo essere stato fermato di ritorno da un viaggio a New York. Nei giorni scorsi tribunale del Riesame di Catania ha rigettato la richiesta di domiciliari, confermando la custodia cautelare in carcere.

L’inchiesta – in cui è coinvolto un terzo giovane, che tuttavia non sarebbe stato presente la notte dell’aggressione – ha scosso l’opinione pubblica, attirando l’attenzione dei media. Ed è proprio alla gestione della notizia che il legale di Tranchina muove qualche critica. «Nessuna volontà di sminuire i fatti, quanto commesso dai giovani rimane un gesto vile e assurdo e la vicinanza alla famiglia dell’anziano è sincera – dichiara Nassi -, ma questo non vuol dire che le cose siano state raccontate così come sono realmente andate». A non andare giù all’avvocato è la ricostruzione dell’aggressione, a partire dalle modalità con cui essa è avvenuta. «Ho letto di percosse inesistenti, ma a non essere vera è pure la versione secondo cui l’80enne è stato bruciato vivo», continua.

Secondo il legale, infatti, la tesi secondo cui la morte sarebbe direttamente riconducibile alle ustioni riportate da Scarso non è solida così come si potrebbe pensare. «Siamo in attesa di conoscere i risultati dell’autopsia – spiega Nassi – ma posso già anticipare che Scarso, quando è stato trasferito dall’ospedale di Siracusa a quello di Catania, aveva riportato escoriazioni e ustioni di secondo grado. Simili a quelle che si ottengono quando si entra in contatto con un oggetto incandescente. È stato inviato al Cannizzaro di Catania per la valutazione di queste bruciature». La versione sarebbe riportata nei referti che fanno parte degli atti d’indagine e spinge l’avvocato a ipotizzare che le cause della morte siano da ricondurre alle complicazioni. «Qualcuno forse si stupirà quando si scoprirà che la situazione di Scarso è peggiorata in seguito all’inalazione dei fumi della combustione, che voglio sottolineare è stata circoscritta ai capelli e parte della fronte».

Ricostruzione che non ridurrebbe la gravità dell’atto compiuto da Tranchina e Gennaro, ma che ridimensionerebbe la tesi dell’omicidio volontario, ipotesi d’accusa per cui i due sono indagati dalla Procura di Siracusa. «Quella dell’omicidio volontario è un’accusa esagerata – afferma Nassi -. Ci troviamo davanti a due ragazzi, che forse pensavano di ottenere un deprecabile divertimento dal perseguitare l’anziano, ma che certo non volevano ucciderlo. Spero che alla fine si procederà per omicidio preterintenzionale o colposo». L’avvocato, poi, si spinge anche più in là, ipotizzando un tentativo di ravvedimento da parte degli indagati subito dopo l’atto. «Quando l’80enne è uscito di casa per andare a chiedere aiuto non aveva addosso alcuna traccia di fiamma. Erano già state spente, probabilmente perché uno dei due è intervenuto a cercare di recuperare quanto aveva appena fatto».  

Nassi parla poi del presunto video che sarebbe stato registrato durante l’aggressione. «Non posso confermarne l’esistenza, perché al momento non fa parte degli atti d’indagine – chiarisce -. A parlare di questo video è stato un quarto giovane, sentito come persona informata dei fatti, che ha detto di aver visto una registrazione anche molto buia». Tuttavia, l’esistenza delle immagini non è stata confermata da Tranchina, che avrebbe dichiarato di non ricordare questo particolare. Il 18enne da quasi un mese si trova nel carcere di Cavadonna, in una cella insieme ad altri tre detenuti. «L’ultima volta che l’ho visto l’ho trovato cambiato rispetto al primo incontro, avvenuto poco dopo l’arresto. In quell’occasione – racconta Nassi – avevo visto un ragazzo freddo, una statua quasi, ma è comprensibile per chi di colpo capisce che potrebbe passare il resto della vita in carcere».

Simone Olivelli

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