Seguono due strade processuali differenti i tre imputati coinvolti nella morte di Pippo Scarso, l’anziano deceduto nel dicembre del 2016 dopo due mesi di ricovero in ospedale in seguito alle lesioni riportate durante l’aggressione con il fuoco subita in casa la notte dell’1 di ottobre. Il 21enne Marco Gennaro e il 19enne Sebastiano Amorelli – che deve rispondere solo del reato di staking perché aveva partecipato alle molestie dei giorni precedenti ma non era presente quella notte – sono stati ammessi al rito abbreviato così come avevano richiesto. La loro posizione potrà dunque essere definita già in occasione dell’udienza che si terrà il prossimo 15 marzo davanti al giudice per le udienze preliminari del tribunale di Siracusa, Anna Pappalardo.
Diversa è la situazione per il 19enne Andrea Tranchina, ritenuto il responsabile materiale dell’aggressione per aver dato fuoco all’anziano, per il quale la richiesta di rito abbreviato condizionato è stata invece rigettata ed è stato disposto il rinvio a giudizio da parte del giudice per le indagini preliminari, Carmen Scapellato. Il giovane dovrà dunque presentarsi di fronte alla Corte d’Assise il prossimo 2 marzo per sostenere il processo con il rito ordinario. Intanto, i parenti della vittima sono stati ammessi a costituirsi parte civile. «Non è definitiva questa situazione – precisa a MeridioNews l’avvocato Giampiero Nassi, difensore del giovane – perché è vero che adesso si torna al giudizio immediato come richiesto dal pm ma, in realtà, il codice mi consente di ripresentare la richiesta del rito abbreviato condizionato che rimane il nostro obiettivo per sfruttare il rito alternativo senza però rinunciare a difenderci come sarebbe nel caso del rito abbreviato secco».
In quella circostanza, infatti, Tranchina sarebbe giudicato basandosi esclusivamente sulle indagini svolte dal pubblico ministero, Andrea Palmieri, che era già ricorso al giudizio immediato ritenendo di essere in possesso di tutte le prove necessarie per sostenere l’accusa in aula. «Nel caso dell’abbreviato secco, il giudice si dovrebbe basare soltanto sulle 1500 pagine prodotte dal pm senza una sorta di contraddittorio. Ma – chiede il legale – come possiamo essere certi che il signor Scarso sia deceduto per le conseguenze della condotta contestata a Tranchina?». Allo stato attuale dei fatti, queste sarebbero le risultanze delle conclusioni delle indagini condotte anche in base alle consulenze medico-legali.
Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, infatti, Scarso sarebbe deceduto per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute in conseguenza all’aggressione subita quella notte da Tranchina e Gennaro. Mentre la vittima dormiva, l’avrebbero cosparsa con liquido infiammabile e avrebbero poi dato fuoco provocando delle ustioni di secondo e terzo grado sul varie parti del corpo dal cuoio capelluto al collo fino alla spalla sinistra. L’anziano, ricoverato all’ospedale Cannizzaro di Catania, sarebbe poi morto in seguito a uno shock settico e a una sindrome da grave infezione polmonare.
«Noi – ribadisce l’avvocato Nassi – riteniamo che le cose siano andate in un altro modo e vogliamo poterlo dimostrare. L’Asp non mi ha consentito di avere accesso agli atti e alla cartelle cliniche del signor Scarso, perché ritiene più alto il valore della violazione della privacy di un soggetto deceduto piuttosto che il diritto alla difesa di un ragazzo di 20 anni accusato di omicidio volontario. Speriamo – conclude – di poter superare la questione con una disposizione, in tal senso, da parte del giudice anche alla luce del fatto che come difesa stiamo predisponendo una perizia medico-legale che risentirebbe di questa mancanza».
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