Non ha retto la ricostruzione dell’omicidio Mazzè secondo cui Stefano Biondo avrebbe preso parte alla spedizione punitiva dello Zen. Il tribunale del Riesame lo ha scarcerato perché non ha rilevato gravi indizi di colpevolezza per quello che è stato considerato inizialmente l’autista di Fabio Chianchiano, accusato dell’omicidio a colpi di pistola avvenuto lo scorso 29 marzo in via Gino Zappa. Sotto quella raffica di proiettili finì il 46enne, morto una volta arrivato all’ospedale Villa Sofia.
A due giorni dal pomeriggio di fuoco allo Zen, le indagini portarono a fermare Stefano Biondo e accusarlo di omicidio. Gli investigatori ritenevano fosse stato lui a guidare la Fiat Panda blu che accompagnò Chianchiano, che dopo essere finito in carcere ha confessato le responsabilità. Quell’auto è stata ripresa da una telecamera, poco dopo il delitto, durante il secondo raid, quello in cui l’omicida sparò dei colpi di pistola contro l’abitazione di Michele Moceo, un amico di Mazzè. In quel video si vede chi ha premuto il grilletto contro il muro di casa, ma non se ci fosse qualcuno alla guida della Panda.
La “follia” di quella domenica sembrerebbe aver avuto inizio al bar Barbara, quando l’offesa imperdonabile di uno schiaffo a Chianchiano. Quest’ultimo ha dichiarato e fatto mettere a verbale di aver preso l’auto di Biondo a sua insaputa. Buona per il Riesame, dunque, la linea difensiva portata avanti dall’avvocato di Biondo, Raffaele Bonsignore, che confermerebbe quanto ricostruito dall’omicida reo confesso. A questo punto i poliziotti dovranno cercare di chiarire se qualcuno abbia aiutato il killer di Mazzè, che ha confessato di aver fatto tutto da solo.
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