Quindici anni e sei mesi di carcere è la pena inflitta al catanese 74enne Antonino Fichera, ritenuto colpevole di avere ucciso Mario Mauceri, detto Mariu u lintinisi. L’omicidio è avvenuto la sera del 13 settembre del 2009 nel Siracusano ad Agnone Bagni, località balneare vicinissima alle città di Lentini e Carlentini, ma frazione di Augusta.
L’agguato avviene nella strada Sabbione Maria, intorno alle 23.15, quando Mauceri esce dalla sua villetta a bordo di una Lancia Y. In auto con lui anche una donna rimasta illesa. È davanti all’insegna di un ristorante della zona che vengono esplosi contro Mariu u lintinisi numerosi proiettili calibro 7,65.
Per i giudici, il responsabile dell’omicidio è Fichera. L’uomo ritenuto vicino alla cosca Cappello-Bonaccorsi porta con sé una lunga storia di mafia e vendette. Anche il delitto Mauceri rientrerebbe, per i magistrati, in questa scia: il movente sarebbe infatti il desiderio di vendicare l’uccisione del figlio Gaetano. Ammazzato il 26 agosto del 2008 in via Cairoli a Catania.
Sono anni di faide tra le cosche rivali. Appena tre mesi dopo, infatti, a piazza Risorgimento viene ammazzato Giacomo Spalletta, ritenuto uno dei killer di Fichera ucciso per la sua eccessiva intraprendenza nel fare affari anche con il clan rivale dei Cappello-Bonaccorsi. Un’autonomia che non sarebbe piaciuta all’interno della cosca e che avrebbe spinto il boss Biagio Sciuto a ordinarne l’omicidio. A questo punto entra in gioco la figura di Mario Mauceri. Ex santapaoliano, che nel 2009 già allarga le fila degli Sciuto-Tigna, sarebbe stato lui ad attirare Fichera junior all’appuntamento in cui poi sarebbe stato ucciso.
Si arriva così alla sera del 13 settembre 2009. U lintinisi si trova a bordo della sua Lancia Y in compagnia di una donna ad Agnone Bagni. Un commando lo raggiunge e gli spara contro diversi colpi di pistola. Lui muore con una pallottola conficcata in fronte, lei, invece, si salva. Quattro anni dopo, nel 2013, Antonino Fichera viene arrestato insieme a Roberto Campisi. Secondo la procura, sarebbe stato lui a vendicare il figlio. Dieci giorni prima l’anziano diceva, senza sapere di essere intercettato, al reggente del clan Cappello Gaetano D’Aquino: «Mi staiu facennu a chiddu».
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