A distanza di 38 anni, la Dda di Palermo ha avviato nuovi accertamenti sull’omicidio dell’ex presidente della Regione Piersanti Mattarella, ucciso il 6 gennaio 1980 in via Libertà. Un omicidio rimasto irrisolto fino ad oggi. A fornire un nuovo spunto alle indagini è stato il ritrovamento, avvenuto a due anni dal delitto, di due targhe tagliate nel covo dell’estrema destra a Torino, in via Monte Asolone, e che sembrerebbe riportare in vita la cosiddetta pista nera seguita all’epoca anche dal giudice Falcone e che portò in giudizio Giuseppe Valerio Fioravanti – detto Giusva -, membro dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari, assolto poi in corte d’Assise. La Procura di Palermo starebbe rivalutando adesso tracce e informazioni all’epoca dei fatti sottovalutate o che addirittura non furono prese in considerazione. Una fra tutte proprio quella delle misteriose targhe.
A parteggiare per la pista neofascista anche il giudice Loris D’Ambrosio nel 1989 con un report adesso finito alla Procura generale di Bologna, che ha avocato a sé l’inchiesta sulla strage del 2 agosto 1980. I familiari, dal canto loro, hanno sempre sostenuto, in questi 38 anni di non risposte, che esistono «elementi di prova che collegano come mandanti del delitto Mattarella e della strage di Bologna la P2 e spezzoni deviati dei servizi». Non hanno, tuttavia, chiesto alcun sollecito, in questi anni, ai magistrati palermitani perché venisse riaperto il fascicolo d’indagine. Intanto, adesso tutto riparte proprio da quelle targhe, anzi, da quello che ne rimane, trovate a due anni dal delitto. Il killer fuggì insieme a un complice a bordo di una Fiat 127, per la quale venne usata una targa camuffata, realizzata unendo i numeri di due diverse targhe. I ritagli trovati nel cono torinese riportano uno la sigla PA di Palermo e il secondo PA 563091. Gli stessi numeri, ma composti diversamente, presumibilmente usati dagli assassini di Mattarella.
A tirare in ballo l’episodio del ritrovamento delle targhe, però, era già stato nel 2014 il giornalista Giovanni Grasso nel suo libro Piersanti Mattarella, da solo contro la mafia. Un dettaglio poi ripreso anche da altri autori. A dare man forte all’ipotesi di killer esterni a Cosa nostra per commettere il delitto Mattarella era stato anche Massimo Ciancimino, che in passato ha parlato di uno «scambio di favori» tra l’organizzazione mafiosa e alcuni brigatisti. Scambio che, secondo le ipotesi, poteva essere il supporto logistico dei mafiosi ai neri per far evadere Pierluigi Concutelli, leader di Ordine nuovo, in cambio dell’omicidio di Mattarella.
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