Omicidio Discrede, la fiaccolata a 4 anni dalla morte «È una battaglia di giustizia, anche se lui non torna»

Sono circa 180 le candele distribuite ieri sera per la fiaccolata organizzata in onore di Daniele Discrede, il commerciante palermitano ucciso il 24 maggio 2014 davanti alla figlia di otto anni da un commando di rapinatori. Un corteo che ha visto alla sua testa il sindaco Orlando e il consigliere comunale Tony Sala, partito alle 20 da Passo di Rigano e arrivato fino a via Roccazzo 92, luogo dove quattro anni fa è avvenuto l’omicidio, ancora oggi senza colpevoli.

              

Ancora per Dani. Nessuna resa è il titolo scelto per la giornata di commemorazioni, che puntano anche a scardinare «il generale disinteresse del quartiere di Passo di Rigano e della città tutta, che in quattro anni non ha saputo fornire una minima informazione per potersi mettere sulle tracce degli assassini, nonostante la famiglia di Daniele Discrede si aspettasse un tangibile aiuto in tal senso, anche in forma anonima, facendone richiesta attraverso i mezzi di informazione e con la partecipazione a trasmissioni televisive nazionali», commenta Fabio Cocchiara, presidente del comitato spontaneo Verità e giustizia per Daniele Discrede.

Sono quasi le dieci di sera, lui e la piccola si trovano proprio lì davanti al suo negozio, quando viene aggredito. Vogliono portargli via la borsa con l’incasso degli ultimi tre giorni, ma lui reagisce. Un po’ per proteggere la bambina dai malviventi, un po’ per difendere ciò che è suo. Viene raggiunto, quella sera, da ben sette colpi di pistola, ma ha comunque la forza di reagire, tenta addirittura di investire i rapinatori con una moto di grossa cilindrata. Loro però, tre in tutto, a volto coperto ma a favore di telecamera, che immortala parte dell’agguato, non si arrendono, non fuggono di fronte a quella lucida reazione e continuano a puntare a quel borsello, a quei 4.500 euro. 

 

«Nella seconda parte del video immortalato dalle telecamere della zona Danieleattacca, non si difende – racconta il fratello Vito – Fino all’ultimo provano a prendergli la borsa, ma lui non demorde. Mentre è a terra non dimostrano di volergli sparare e di ucciderlo, questo no. Però è anche vero che loro gli sparano un certo numero di colpi, in tutti i modi tentano di farsi dare questa borsa. Lui cerca di metterli sotto con la moto. Loro però sono perentori, la borsa la vogliono. Se n’è andato quando era già sull’ambulanza, mio fratello, dopo avere anche chiamato la polizia. Mi avevano parlato di una ferita alla spalla, una a un braccio e un’altra a un fianco, non pensavamo che potesse morire».

«Non ci aspettavamo fiumi di gente, quelli che vengono sono abbastanza fidelizzati e partecipano molto volentieri. Chiediamo solo di mantenere viva l’attenzione e le attività che la giustizia sta portando avanti», dice il fratello Vito. «Andiamo nelle scuole, raccontiamo Daniele, una persona comune, non ci inventiamo nulla. Cerchiamo di dire che a Palermo oltre ai magistrati morti di mafia ci sono anche persone normali che muoiono a causa della criminalità – dice ancora – Noi portiamo avanti una battaglia di giustizia, anche se mio fratello non torna, cerchiamo di fare la nostra parte».

Sono tante infatti le novità raggiunte negli ultimi mesi: a febbraio scorso la gip Marcella Ferrara ha respinto la richiesta di archiviazione della procura, spingendo invece per nuove e ulteriori indagini. A marzo un’altra importante novità, una nota informativa allegata a un fascicolo che in realtà non era quello relativo all’omicidio Discrede. Una soffiata messa nero su bianco in una relazione di servizio da un poliziotto, poi finito sotto inchiesta, che una decina di giorni dopo la morte del commerciante raccolse una voce confidenziale che parlava di qualcuno che allo Zen avrebbe saputo il nome di uno dei componenti del commando. 

Un dettaglio non da poco, che i familiari di Discrede apprendono inizialmente dai giornali. «Questa nota esiste, è vera. Sappiamo che la procura sta cercando di fare chiarezza su tutto, compreso questo aspetto. Oltre a tutti i rilievi accettati dal gip rispetto a rapine avvenute con modalità simili, oltre che sui video delle telecamere di videosorveglianza e i rilievi antropometrici su alcuni possibili candidati confrontati proprio con le immagini riprese – dice ancora il fratello – Noi al momento aspettiamo il giudice. Al di là del risultato ci interessa che le cose vadano fatte bene, non ci interessa il nome del primo venuto e la ghigliottina. Non è questo. C’è un giudice che dice che le indagini devono essere chiarite, per approfondire alcuni punti. Noi aspettiamo ma vigiliamo anche».

Silvia Buffa

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