Omicidio al Fortino, canzoni e murales per la vittima Il volto del ragazzo accanto all’altarino di Sant’Agata

«Se questo è quello che vuole mio figlio… Per me la volontà di mio figlio è… Era…». Per Maurizio Valenti non è facile finire le frasi. Da via Purgatorio si vede l’angolo di strada, in piazza Palestro, in cui suo figlio – il 21enne Enzo – è stato ucciso con un colpo di pistola. Il padre sta lì, nella piazzetta all’incrocio con via Vittorio Emanuele, dove adesso un murales con il volto della vittima si trova accanto a un altarino di Sant’Agata. «Lui è devoto e anche le candelore gli sono sempre piaciute». I verbi sono sempre al presente, ma lui poi si corregge. «Mi hanno tolto la vita – dice ancora il padre – Potete bussare porta dopo porta, ve lo dicono tutti chi è Enzo. Un ragazzo bravo, un angelo. Adesso la casa è vuota, il cuore non ce l’ho più». A ricordare il giovane, però, ci sono due canzoni in napoletano. Incise entrambe dallo stesso artista neomelodico: Francesco Zerbo. L’ultima è uscita il 2 febbraioNunn era maje succedere. Cantata in anteprima la sera dell’1 del mese, giovedì, proprio di fronte a quel murales. Nei video di quella serata si vedono due candelore ballare davanti al dipinto e all’altarino della patrona della città

È l’1.10 del mattino del 20 dicembre quando un colpo di pistola uccide il 21enne Enzo Valenti. All’obitorio, però, i parenti vedono un secondo foro, vicino a un gomito. Quella notte sull’asfalto dell’incrocio con via Palermo si nota a malapena una macchia di sangue. Nove giorni dopo, per l’assassinio si costituisce un ragazzo di 18 anni, Danilo Guzzetta. I due giovanissimi vivono vicini, sono «compagni», dice chi li conosce entrambi. In mezzo alla loro amicizia, poi, finisce una ragazza. Che sarebbe stata legata sentimentalmente prima a Enzo e poi a Danilo. La sera del delitto i due si sarebbero dovuti incontrare per discutere di questa relazione, ma all’appuntamento Danilo si è presentato con un’arma da fuoco. E, secondo le voci apprese in zona, accompagnato da qualcun altro.

Nella canzone pubblicata ieri, c’è un estratto delle ore prima del delitto. Il racconto che un amico di Enzo Valenti affida al cantante Francesco Zerbo. «Non mi perdono il ricordo del perché quel giorno non sono rimasto insieme a te», recita – in dialetto napoletano – il testo del brano. Il cui video è stato registrato al villaggio Sant’Agata, di fronte a un secondo murales dedicato a Enzuccio. Un quartiere lontano da dove il giovane viveva, ma che aveva cominciato a frequentare da quando aveva acquistato un cavallo, tenuto in una stalla proprio in quella zona. «Lo aveva preso coi soldi dell’assicurazione di un incidente stradale che aveva avuto – prosegue il padre – È stato uno scontro bruttissimo, doveva fare diverse operazioni, aveva i segni sulla faccia. Lui di cavalli non ne capiva niente, però quell’animale gli piaceva».

«Io Enzo l’ho conosciuto quando eravamo bambini. Alla fine, siamo stati tutti ragazzi di quartiere, ci incontravamo sempre – racconta a MeridioNews Zerbo – L’ho incontrato due mesi prima di quello che è successo, a una festa privata a cui ero stato invitato a cantare. Anche se non ci vedevamo da tanto tempo, ci siamo abbracciati come se non fosse passato neanche un giorno». L’incontro successivo, tra i due, avviene due settimane prima del delitto. «Ci siamo visti da una macchina all’altra, ci siamo fermati entrambi e abbiamo iniziato a parlare. Io dovevo fare una serata il 26 dicembre, lui aveva comprato diversi biglietti, anche da regalare agli amici suoi. Poi la serata non l’abbiamo fatta più». Così lui ha scritto una prima canzone, A te, Enzo. Finché da lui non si è presentato uno dei migliori amici di Valenti, con le parole del nuovo brano, Nunn era maje succedere

«Loro erano insieme fino a qualche ora prima – prosegue Zerbo – Enzo gli aveva detto che stava andando a questo appuntamento, ma lui non lo ha accompagnato. E non se lo perdona. Se ci fosse stato, sarebbe stato capace di farsi ammazzare per lui. Si è tatuato il suo nome sulle mani, e adesso si è fatto un altro tatuaggio, con la sua faccia». Forse presa da una delle fotografie che il padre – che non nasconde un passato da pregiudicato per reati in materia di droga, dal quale si sarebbe «del tutto riabilitato» – tiene sempre nel portafogli. E che sono servite all’artista Andrea Marusic, lo stesso dei dipinti sulle pareti dello stadio, per ritrarre il volto del ragazzo ucciso. «Per me è stata un’emozione – conclude il cantante – Io spero che questa canzone voli. Ma non lo spero per me. Lo spero perché Enzo era uno bravo, uno buono e generoso, e le persone lo devono sapere».

Marco Militello

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