«Ho riconosciuto faccia da mostro anche se era ben truccato. Come ho detto in tutti questi anni quella faccia è indimenticabile». Così Vincenzo D’Agostino, padre di Nino, il poliziotto ucciso insieme alla moglie Ida Castelluccio a Villagrazia di Carini il 5 agosto 1989. «Io ho fatto il mio dovere, ora tocca alla magistratura», continua all’uscita dall’aula bunker del carcere Ucciardone dove si è svolto stamattina il confronto all’americana per far riconoscere ad Agostino il volto dell’ex poliziotto che ha visto poco prima dell’omicidio del figlio e della nuora. Si tratta di Giovanni Aiello che si è presentato con i capelli tinti di nero. Un cambiamento netto – rispetto al biondo platino testimoniato dalle foto d’archivio – che è stato messo a verbale dagli stessi magistrati, i quali hanno annotato come le fattezze di Aiello risultino diverse anche rispetto all’interrogatorio di qualche anno fa. A rendere più difficile il riconoscimento anche la presenza, tra le due comparse presenti, di un uomo così somigliante ad Aiello da sembrarne il gemello.
«L’ho riconosciuto immediatamente e non ho ceduto all’emozione», continua Agostino. Che ha avuto un piccolo malore dovuto allo stress che ha accompagnato l’attesa dell’incidente probatorio di oggi. Una prova fondamentale per il fascicolo delle indagini che la procura di Palermo continua a svolgere. Il giudice per le indagini preliminari ha deciso di riunire i fascicoli dei diversi indagati: la posizione di Aiello andrà così di pari passo con quella degli esponenti mafiosi Gaetano Scotto e Antonino Madonia. I tre, secondo i collaboratori di giustizia, sarebbero tutti coinvolti nell’omicidio del poliziotto e della moglie: «Madonia e Scotto hanno agito con Giovanni Aiello, che subito dopo l’omicidio li aiutò a distruggere la moto usata e li fece scappare con un’auto pulita», raccontava ai magistrati il pentito Vito Lo Forte. Le attenzioni della procura su Scotto e Madonia sono scattate prima di quelle su Aiello. Per questo – in modo da far coincidere la scadenza delle indagini per i tre – il pubblico ministero ha chiesto una proroga per le posizioni dei due esponenti mafiosi.
Solo un primo passo verso la risoluzione di un omicidio ancora impunito da 27 anni. In cui il papà di Nino Agostino ha un ruolo fondamentale. Per questo, a inizio febbraio, il comitato provinciale per l’ordine pubblico ha deciso di assegnargli un’auto blindata. «A 80 anni devo sentirmi imprigionato mentre i killer di mio figlio, mia nuora e mio nipote, che non ho mai visto, sono liberi di girare indisturbati», commentava il testimone. Che alla scorta preferisce la vicinanza della società civile, oggi riunita in un sit-in davanti all’Ucciardone. Insieme ai cittadini e ai componenti dell’associazione antimafie Libera, erano presenti il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, l’assessore alla Mobilità e partecipazione Giusto Catania e i consiglieri Juan Diego Catalano Ugdulena, Francesco Bertolino e Massimo Pullara. «La presenza di tanti cittadini onesti è importante e bisogna fare il possibile per liberare la città da scheletri e ambiguità del passato».
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