È passato un anno da quando il presidente della commissione regionale antimafia Nello Musumeci aveva gettato l’ombra della mafia sul consiglio comunale di Catania. «Abbiamo ricevuto tre, quattro segnalazioni su consiglieri comunali che in campagna elettorale, da candidati, avrebbero ottenuto il sostegno di ambienti malavitosi. Alcuni addirittura parenti e familiari di pregiudicati», dichiarava Musumeci. Ma senza fare nomi. Il 29 dicembre, quella che era una denuncia generica è diventata una relazione inviata alla commissione nazionale antimafia. MeridioNews è in grado di pubblicare l’elenco completo dei nomi dei consiglieri comunali di Catania citati nel documento. Nello stesso giorno in cui il sindaco Enzo Bianco sarà audito proprio a Roma per dei chiarimenti riguardo l’intercettazione tra lo stesso primo cittadino – a quella data candidato – e l’imprenditore Mario Ciancio Sanfilippo, allora indagato per concorso esterno alla mafia e poi prosciolto.
La relazione parte dall’analisi dei cinque nomi riportati nella segnalazione anonima ricevuta lo scorso anno dalla commissione regionale antimafia. I deputati individuano innanzitutto tre nomi principali.
– Riccardo Pellegrino (Pdl – opposizione) è fratello di Gaetano Pellegrino, detto u funciutu, in un primo momento sfuggito al blitz antimafia Ippocampo del luglio 2014 contro il clan Mazzei, e poi arrestato. Il fratello del consigliere è considerato uno degli uomini più fidati di Nuccio Mazzei, capo dei Carcagnusi e figlio di Santo. A proposito della sua fedeltà a Mazzei, durante una conversazione con la moglie del boss, intercettata dalle forze dell’ordine, diceva alla donna: «Se domani mi dice “Devi ammazzare mia moglie”, Enza, io ti ammazzo». La parentela non poteva comunque trovare spazio nell’autocertificazione firmata da Riccardo Pellegrino per la sua candidatura, poiché l’ordinanza di arresto del fratello è arrivata un anno dopo le elezioni amministrative del 2013.
– Erika Marco (Il Megafono – maggioranza). Il padre, Fabio Marco, è stato imputato nel processo per le tangenti – e le infiltrazioni mafiose – nell’appalto per l’ospedale Garibaldi e poi prescritto. Sarebbe stato indicato da pentiti e accusa come uomo-cerniera tra mafia e burocrati. Il reato in ogni caso è caduto in prescrizione. Lo zio della consigliera, Francesco Marco, è a capo della società Icomit srl, di cui è socia Anna Gulisano, moglie di Saro Pantellaro, dipendente Multiservizi e fratello di Giovanni Pantellaro, pentito del clan Cappello detto Giocattolo.
– Lorenzo Leone (Articolo 4 – maggioranza, presidente della sesta municipalità Librino-San Giorgio-Zia Lisa-San Giuseppe La Rena). È fratello di Gaetano Leone, coinvolto nell’operazione antimafia Arcipelago del 2001. Successivamente, il fratello del consigliere è stato condannato perché esattore del pizzo del clan Santapaola proprio nel quartiere di Librino. Gaetano Leone ha riportato una condanna in primo grado a 14 anni nel 2007, poi diminuita di un anno in appello nel 2009. Nonostante «il casellario giudiziale del fratello evidenzi numerosissimi procedimenti penali», il presidente Leone non li ha dichiarati nella sua autocertificazione antimafia pre-elettorale.
Nella lettera anonima erano citati anche altri due nomi, rispetto ai quali «è stato più difficile rilevare riscontri significativi», scrive la commissione regionale antimafia. Ma, «con riferimento alla cosiddetta responsabilità politica», i deputati rilevano come «una più penetrante attività investigativa, con i poteri propri della commissione nazionale antimafia, potrà meglio verificare la eventuale sussistenza di profili di responsabilità anche in questi casi».
– Salvatore Giuffrida (Tutti per Catania – opposizione). Consigliere più votato della città in una lista a sostegno dell’ex sindaco Raffaele Stancanelli, secondo i dati ricostruiti dalla commissione «sarebbe stato vicino ad ambienti appartenenti alla criminalità del quartiere di Monte Po». Sebbene a suo carico non risultino accuse formali, la commissione evidenzia «quanto meno una singolare realtà: il consigliere Giuffrida ha raccolto mille preferenze in tre seggi, tutti nella zona di Monte Po». Confondendo forse il quartiere con la zona del Pigno.
– Salvatore Spataro (Primavera per Catania – maggioranza). Ex consigliere di quartiere del Pdl, «anch’egli ha raccolto il maggior numero di preferenze nel quartiere di Librino».
Ma la commissione regionale antimafia è andata oltre i cinque nomi segnalati nell’esposto anonimo. I deputati sottolineano nella relazione come non si possa oggi «omettere che la documentazione esaminata ha portato alla luce anche ulteriori fattori relativi ad altri consiglieri comunali del capoluogo etneo». Si aggiungo così al documenti altri tre nomi.
– Alessandro Porto (Patto per Catania – maggioranza), al momento della candidatura risultava indagato per l’accusa di voto di scambio nelle elezioni nazionali del 2006, dovuta alle dichiarazioni del pentito ed ex reggente del clan Cappello Gaetano D’Aquino, secondo il quale il consigliere si sarebbe mosso per l’elezione al Senato di Giovanni Pistorio (Mpa). Le dichiarazioni di D’Aquino sono state comunque ritenute inattendibili e la posizione di Porto archiviata.
– Maurizio Mirenda (Grande Catania – opposizione), a maggio del 2013, qualche settimana prima delle elezioni comunali, viene monitorato dalla polizia etnea durante un incontro a casa di Nino Balsamo, detto Cicaledda, allora agli arresti domiciliari e già sorvegliato speciale con precedenti per riciclaggio, furto aggravato e associazione a delinquere. Balsamo è anche il cognato di Orazio Privitera, boss del clan Cappello-Bonaccorsi.
– Francesco Petrina (Primavera per Catania – maggioranza), già candidato nel 2008 – ma con il centro-destra -, titolare dell’Etnabar, è stato indicato dall’ex governatore siciliano Raffaele Lombardo come il «Retina, Etna bar» a cui faceva riferimento il collaboratore di giustizia Vincenzo Pettinati. Il pentito, a questo proposito, parlava di «metodi di scambio denaro-voti» legati alle elezioni del 2008.
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