Ancora un paio di settimane e poi, forse, si potranno conoscere con esattezza le cause che hanno portato alla morìa di centinaia di pesci lungo gli argini della foce del fiume Simeto, durante lo scorso mese di ottobre. «I primi esami di routine sono già stati fatti», assicurano a MeridioNews dall’istituto zooprofilattico sperimentale di Catania. «Adesso stiamo facendo degli ulteriori approfondimenti diagnostici, richiesti dalla procura etnea che ha aperto un fascicolo sull’episodio, per poter avere un quadro quanto più completo possibile e per capire se si è trattato di un normale processo naturale o di un evento doloso. In particolare – spiegano – sono esami complessi di natura chimico-tossicologica in cui i composti da ricercare sono diversi per questo richiedono più tempo».
In pratica, gli esiti di questi esami che l’istituto zooprofilattico sta svolgendo sulle carcasse dei pesci morti saranno un elemento dirimente per capire se ci sono gli estremi per qualche tipo di reato ambientale. Intanto, le analisi relative all’accertamento dello stato delle acque fluviali «non hanno evidenziato nessun particolare elemento di rilievo tale da dare indicazioni su un eventuale fattore chimico o tossico alla base di quanto accaduto», spiega a MeridioNews il presidente di Arpa Catania, Roberto Grimaldi. Stando agli esiti degli accertamenti sui prelievi delle acque del fiume, carpe, anguille, pesci gatto e altre specie sarebbero morte di anossia dovuta allo scarso livello di ossigenazione dell’acqua.
«Siamo convinti, con buona probabilità – sostiene Grimaldi – che ci sia una correlazione tra l’elevata torbidità dell’acqua del fiume, che in quel giorno era visibile a chiunque anche a occhio nudo, e quanto si è verificato». Questa condizione di impurità che avrebbe causato la mancanza di ossigenazione sarebbe dovuta, secondo quanto affermano dall’Arpa, al fatto che «nel periodo precedente all’accaduto, a causa di una totale siccità, si era venuta a creare una particolare situazione di scarsa circolazione idrica, poi mutata drasticamente nei giorni immediatamente precedenti – prosegue Grimaldi – in cui si erano avuto piogge molto intense che avevano portato in circolazione anche sabbie e materiali argillosi e limosi rimasti in sospensione».
Per arrivare a un punto fermo, sarà fondamentale incrociare i dati relativi alla condizione delle acque con le analisi effettuate sulle carcasse di pesci. Nell’attesa, il direttore della Riserva naturale orientata Oasi del Simeto, Gaetano Torrisi dice che «non c’è ancora nulla di ufficiale» e precisa che «nonostante la riserva di oltre duemila ettari sia con poco personale molte difficoltà finanziarie che lasciano gli operatori con macchine guaste e senza carburante, quando abbiamo ricevuto la segnalazione – conclude Torrisi – ci siamo subito attivati e siamo andati sul luogo insieme ai nostri biologi per prendere i campioni delle acque da fare analizzare».
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