Nuovo corso, vecchie facce: la grande ammucchiata del Pd Luca Sammartino padrone di casa alle nozze con Articolo 4

Il Pd era la sposa. I suoi vertici si sono fatti attendere alla festa convention che ha sancito il matrimonio con Articolo 4. Arrivati tardi e con poca voglia di parlare coi giornalisti i dirigenti nazionali Davide Faraone e Lorenzo Guerini. Sono sgattaiolati dentro il complesso fieristico le Ciminiere. Come loro ha fatto il segretario regionale Fausto Raciti. A ricevere il caloroso abbraccio del nuovo padrone di casa: Luca Sammartino, deputato regionale di Articolo 4.

Seduti uno accanto all’altro i protagonisti della nuova ammucchiata politica in salsa siciliana, insieme sul palco i deputati
Raffaele Pippo Nicotra, Valeria Sudano, Alice Anselmo, lo stesso Sammartino. Accanto al sindaco di Catania Enzo Bianco, al sottosegretario Faraone, a Fausto Raciti, al capogruppo Pd all’Ars Baldo Gucciardi, al segretario provinciale Enzo Napoli e al deputato regionale Antonello Cracolici. 

Ad ascoltarli parlare di «cambiamento», «giovani», «Pd casa comune e primo partito d’Italia» ci sono migliaia di persone. La sala è stracolma, la gente in piedi. La maggior parte sono venuti per lui, l’onorevole. Il nome non c’è bisogno neanche di precisarlo, nonostante in sala di onorevoli, spesso in là con gli anni, ce ne siano molti. Ma la platea aspetta, invoca e applaude soprattutto Luca Sammartino. «Mi rispecchio in lui, quello che non posso fare io, lo farà lui», spiega un ragazzo. Persino chi il ruolo del mattatore non è solito lasciarlo ad altri, come il sindaco Bianco, ieri sera sembrava restare un passo indietro. 

Ma in fondo tutto inizia qui, a Catania, da palazzo degli Elefanti. Il laboratorio che ora il premier
Matteo Renzi benedice e sospinge, è nato con la variegata maggioranza che ha portato Bianco di nuovo sulla poltrona di primo cittadino. L’esperimento ha funzionato anche a Palermo, per soffiare nelle vele del governatore Rosario Crocetta (ieri annunciato ma assente). Adesso, però, è arrivato il momento che i vari partiti satelliti confluiscano nella grande casa del Pd. Tutti dentro: ex cuffariani, ex lombardiani, ex democristiani, ex socialisti. 

Ma guardandosi intorno ieri sera alle Ciminiere era difficile pensare che fosse Articolo 4 a sciogliersi in un altro partito.
Perché a Catania i rapporti di forza si invertono. E non bastano le continue precisazioni del segretario provinciale Enzo Napoli a rassicurare quella parte di base in fermento o in libera uscita. «Su certi temi non ci sposteremo di un millimetro», precisa. Uno su tutti: i rifiuti e la discarica di Motta Sant’Anastasia. Dove quasi tutto il circolo locale del Pd ha dato le dimissioni. Come a Misterbianco. Perché loro nello stesso partito con qualcuno che di cognome fa Sudano non ci vogliono stare. «La discarica chiuderà, il governo regionale ha già deciso, è inutile continuare a parlarne», ha risposto ieri Valeria Sudano.

L’unico che nel Pd prova a dire qualcosa di non allineato è
Antonello Cracolici: «La mia idea è di un partito con un’identità e che si apra ad altri, il rischio però è che facciamo una marmellata che più che un partito è un autobus dove si sale e si scende. Io non ho paura di governare le contraddizioni, il problema è sapere dove dobbiamo andare. Se non lo sappiamo – conclude – rischiamo di essere una cosa un po’ trasformista». 

Salvo Catalano

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