Un quadrilatero che accerchiava il palazzo municipale di Noto, cuore del’area patrimonio Unesco. Così gli investigatori descrivono le attività commerciali riconducibili a Waldker Rino Albergo, ritenuto uno dei capi del clan Trigila, egemone nella cittadina barocca e legato alla famiglia di Cosa nostra dei Santapaola di Catania.
Già condannato per associazione mafiosa e sottoposto a libertà vigilata, il 55enne avrebbe mantenuto il predominio economico nella zona più pregiata di Noto, meta di milioni di visitatori tutto l’anno. E lo avrebbe fatto intestando esercizi commerciali prima a parenti diretti, come la figlia Concetta Albergo. Poi ad altri prestanome, pescati comunque in un giro familiare più allargato. A mettere fine al business è arrivata l’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Siracusa e notificata dagli agenti del locale commissariato di polizia, guidati dal dirigente Paolo Arena.
Tutto nasce da una prima interdittiva che ha colpito il chiosco vicino al municipio e il ristorante La Cattedrale, di cui era amministratrice unica Concetta Albergo. Al provvedimento della prefettura è seguita l’ordinanza di chiusura dell’attività emessa dal Comune ed eseguita in concomitanza con l’infiorata.
Successivamente, la famiglia Albergo, nel tentativo di portare avanti queste e altre attività, ha presentato delle nuove Scie, segnalazioni certificate di inizio attività, strumento che la normativa mette a disposizione per avviare attività imprenditoriali in modo semplificato. Solo che ancora una volta gli intestatari hanno il profilo dei presunti prestanome: Carmela Rizza, convivente di Corrado Albergo (uno dei figli del capomafia); Marianna Cannata, compagna di Salvatore Albergo (il figlio più piccolo del capomafia); e Vittorio Gentile, fidanzato di Concetta Albergo.
Scatta quindi la seconda interdittiva e il nuovo ordine di chiusura che è stato eseguito giovedì scorso. Colpiti il pub Loco, alle spalle del municipio; il bar-pizzeria Pinguino, sul corso principale di Noto; e due laboratori di pasticceria: uno in piazza Municipio e uno in contrada Fiumara dove vive la famiglia Albergo. Che ha già presentato ricorso al Tar di Catania contro i provvedimenti.
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